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Protezione civile e ambiente, partono altri tre invasi. L’assessore Bottacin: «Smog, la qualità dell’aria migliora»
Ci sono i dieci grandi cantieri completati sul maxi piano di invasi per proteggere il Veneto dalle alluvioni: impattanti visivamente, fondamentali per salvare le città dalle piene dei fiumi e dalle piogge torrenziali che diventano (colpa del climate change) sempre più frequenti. Ma ci sono anche 2.527 piccoli e medi interventi che in nove anni hanno contribuito fattivamente a quei salvataggi: nel solo 2024, 101 progetti per 21 milioni. Cantieri considerati dai più «minori», ma essenziali. La proporzione è anche sulle cifre: sui 2,2 miliardi fino ad ora spesi dalla Regione Veneto per le opere di sicurezza idraulica, i bacini hanno richiesto 250 milioni di euro.
Il resto va per briglie, diaframmature e innalzamenti di argini, scogliere e pennelli che, sulla costa o su fiumi, riducono l’energia dell’acqua e limitano l’erosione. La diaframmatura, per dire, è il cemento all’interno dell’argine che rende meno cedevole il terreno e impedisce a nutrie o altri animali di scavare le tane dannose e che facilitano gli sfondamenti. Per l’assessore regionale all’Ambiente e alla Protezione civile Gianpaolo Bottacin ieri, 27 dicembre, è stata l’occasione per mettere in fila i dati del 2024, un anno di calamità meteo straordinarie, di piogge e allagamenti devastanti. «Abbiamo messo in campo oltre 120 milioni di euro in opere di difesa idraulica e forestale e 6 milioni di contributi all’attività della protezione civile» spiega l’assessore.
Nel 2025
Il 2025 è l’anno in cui partono i lavori per altri tre bacini molto attesi: nella Marca Pra dei Gai, sul Livenza; nel Vicentino il bacino di Sandrigo, sull’Astico; nel Padovano quello di Antonetta, molto atteso. Resta in sospeso la vicenda legata al bacino sul Piave, alle grave di Ciano del Montello. L’opera è commissariata, la Regione toccherà molto meno palla adesso su uno dei progetti più importanti per la sicurezza idrogeologica. «Ma ci sono decine di altre opere pianificate per la riduzione del rischio residuo sulla base dei piani di investimento». Il «Piano D’Alpaos», quello da 4 miliardi di euro con 23 maxi cantieri e altre opere di minore impatto singolo, ha una durata prevista di 25 anni: «E in nove anni sono arrivato già a metà» dice Bottacin.
Le concessioni idroelettriche
Sempre sul fronte idrico c’è la scadenza delle concessioni idroelettriche: qui la data è il 2029. «È attualmente la principale fonte di energia rinnovabile in Veneto e siamo davanti a un’occasione storica. Grazie alla modifica della norma nazionale e la recente approvazione di una legge regionale, le centrali dal 2029 saranno proprietà della Regione. È una partita straordinaria per importi e visione strategica. Soprattutto se vista insieme all’altra legge regionale che prevede l’obbligo per i titolari di grandi derivazioni di fornire gratuitamente energia elettrica alla Regione o di garantirne la monetizzazione. Una ricaduta sul territorio di 30 milioni di euro dei quali 20 assegnati al Bellunese».
Raccolta differenziata e Pm10
Il Veneto è leader nella raccolta differenziata (Treviso è la prima provincia in Italia, sfiora il 90%, Belluno è terza con l’85%). Resta però il tema dell’inquinamento dell’aria, comune a tutte le province padane. La stagione fredda ha già riportato diversi sforamenti nei valori di Pm10 nell’aria Veneta: i livelli oltre la soglia di 50 microgrammi, che dovrebbero essere non più di 35 in un anno, in molte centraline in pianura sono già più di 50. Il report Mal’aria di Legambiente riferito al 2023 considera “fuorilegge” sei dei sette capoluoghi veneti (si salva solo Belluno), da un minimo di 53 a un massimo di 63 sforamenti nel corso dell’anno, e una media di Pm10 piuttosto alta, sopra la media nazionale. «Vent’anni fa gli sforamenti erano oltre duecento, quindi abbiamo una riduzione del 75%, non abbiamo ancora raggiunto gli obbiettivi europei ma c’è stato un sensibile miglioramento – sottolinea Bottacin -. Questo anche grazie a molte misure attivate dalla Regione, rottamazione di auto, stufe, furgoni, camion e bus, contributi per efficientamento energetico e altre iniziative, un investimento di 1,2 miliardi in sei anni. C’è ancora da migliorare, ma la strada è quella giusta».
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