l’Italia, con Polonia, Austria e Bulgaria, presenta il “non paper” per la siderurgia e le industrie energivore

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Urso: “Italia in prima linea a sostegno del lavoro e dell’industria europea”

Mantenere competitiva l’Europa nei settori produttivi chiave, sostenere il percorso delle industrie energivore verso la transizione green, raggiungere l’autonomia strategica del Continente e fermare la delocalizzazione delle industrie. Con questi obiettivi l’Italia, con Austria, Bulgaria e Polonia, ha presentato alle istituzioni europee il non-paper relativo alla revisione del Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM), che prevede la tassazione delle importazioni da Paesi extra-UE con regolamentazioni climatiche meno rigorose, calcolata in base alla quantità di CO2 incorporata o emessa per la produzione dei beni.

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Il documento, promosso dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, di intesa con il ministro dell’Ambiente e dell’Enegia, Gilberto Pichetto, propone alla Commissione europea di anticipare al 2025 le clausole di revisione già previste, al fine di migliorare il CBAM prima della sua entrata in vigore a regime nel 2026. Il CBAM, infatti, istituito il 1° ottobre 2023 dal Regolamento (UE) 2023/956, è attualmente in fase “transitoria” che terminerà il 31 dicembre 2025.

La proposta di revisione si colloca tra le iniziative che il MIMIT ha intrapreso per riaffermare in sede europea la necessità di un Competitiveness Deal olistico e pragmatico. Tra queste rientra il non paper italo-ceco in materia di automotive, sottoscritto da sette Stati membri e sostenuto da ulteriori otto: quindici Paesi che si sono espressi in favore del riesame delle modalità che porteranno allo stop ai motori endotermici nel 2035.

La revisione del CBAM è necessaria per non compromettere la competitività dell’industria europea e tutelare il lavoro. Anche questa volta, come per il non paper auto, l’Italia è in prima linea”, ha dichiarato Urso. “È necessario garantire che la decarbonizzazione dei settori ad alta intensità energetica particolarmente esposti al commercio internazionale, quali siderurgia, chimica, alluminio e cemento, sia sostenibile dal punto di vista produttivo per competere ad armi pari con i Paesi extra-UE, anche al fine di contrastare la delocalizzazione“.

Nello specifico, il documento interviene su quattro aree. In primis si pone l’obiettivo di semplificare e ridurre gli oneri amministrativi per le imprese. Vuole poi rafforzare le misure per combattere i rischi di carbon leakage e le pratiche di dumping che potrebbero danneggiare l’industria europea e favorire la delocalizzazione di produzioni strategiche. In terzo luogo, punta a non far estendere le regole del CBAM alle emissioni indirette se l’inclusione di queste portasse a un aumento del costo dell’elettricità decarbonizzata rispetto a quella prodotta da combustibili fossili. La proposta ha poi tra gli obiettivi quello di tutelare gli esportatori europei introducendo meccanismi che assicurino la parità di condizioni in riferimento al prezzo delle emissioni di CO2 sui mercati esteri in cui non vige un sistema di tassazione delle emissioni paragonabile all’ETS europeo. Infine, come riportato nel Rapporto Draghi sulla Competitività, il non-paper prende in considerazione il rinvio del phase out, ovvero l’eliminazione graduale delle quote gratuite ETS per le industrie energivore, qualora la revisione dovesse confermare i dubbi e i rischi di una efficace attuazione del CBAM. Tra i settori più penalizzati da quest’ultima misura prevista nel meccanismo UE la siderurgia, beneficiaria di quote di emissione a titolo gratuito, che però verranno gradualmente eliminate a partire dal 2026, con l’entrata in vigore del Regolamento.

La revisione proposta dal governo si inserisce, infatti, nella strategia nazionale per tutelare e rilanciare lo sviluppo dei quattro poli siderurgici del territorio: Taranto, Terni, Piombino e Acciaierie del Nord. L’Italia oggi rappresenta un caso virtuoso in Europa, realizzando l’85% della produzione nazionale di acciaio con elettroforni, impiegando rottami riciclati rispetto a una media europea ben al di sotto del 50%.

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