L’industria delle batterie è al centro della transizione energetica, specialmente per l’elettrificazione della flotta automotive. Grazie a decenni di investimenti e ricerca e sviluppo, l’Asia è emersa come principale hub manifatturiero, concentrato principalmente tra Cina, Corea del Sud e Giappone. Particolarmente evidente e significativo è il gap tra la capacità produttiva e leadership tecnologica della Cina rispetto a UE e USA, che inseguono. Negli ultimi due anni, attraverso politiche industriali e di decarbonizzazione, Europa e Stati Uniti hanno cercato di colmare il gap attirando investimenti per l’emergere di una supply chain alternativa, in un’ottica di derisking dalla Cina, contando soprattutto su expertise, know-how e investimenti degli altri player asiatici. Le tendenze registrate fino a ora – le difficoltà del mercato EV (Electric Vehicle) fuori dalla Cina, con le normative sulle emissioni in discussione in UE, e dei grandi gruppi automobilistici nel confrontarsi con i brand cinesi –, soprattutto con l’elezione di Donald Trump che getta incertezza sul futuro dell’Inflation Reduction Act (IRA), sono destinate a consolidarsi nel 2025. L’unica certezza restano i dazi occidentali, mentre la bancarotta di Northvolt, il campione europeo dai piedi di argilla, porta a riflettere nuovamente sui ritardi manifatturieri e tecnologici europei.
Il quadro politico e la strategia europea
Lo sviluppo e la produzione di batterie al litio sono diventati un imperativo strategico per l’Unione europea, considerando il loro ruolo fondamentale per abilitare la transizione energetica attraverso la decarbonizzazione della flotta automotive ma anche l’integrazione di sistemi di stoccaggio energetico (ESS), al fine di stabilizzare la produzione intermittente di energia elettrica da fonti rinnovabili. Nel 2018, la Commissione europea ha pubblicato un Action Plan per la produzione sostenibile di batterie, con l’obiettivo di fare dell’UE un continente leader a livello globale[1]. Il piano, svelato circa un anno prima dell’annuncio del Green Deal, non ha tuttavia previsto target di produzione né raccomandazioni sono state in seguito avanzate dalla Commissione per l’industria in linea con gli obiettivi di neutralità climatica del continente[2]. Il settore automotive europeo, sotto pressione per i sempre più stringenti standard di emissioni di CO₂, ha costituito un potenziale driver della domanda che ha spinto per una localizzazione della produzione di celle e batterie sul suolo continentale, con significativi investimenti dei produttori di auto del calibro di Volkswagen, Stellantis, BMW e Renault. Secondo gli obiettivi e le normative UE, l’adozione di veicoli ad emissioni zero avrebbe dovuto raggiungere le 13 milioni di unità al 2025 e 30 milioni al 2030[3]. Nel complesso, l’elettrificazione della flotta automotive e del mix energetico UE potrebbe richiedere l’installazione di circa 1.000 GWh (1 TWh) di batterie entro il 2030 sul continente[4]. Qualora l’output produttivo di celle e l’assemblaggio di battery pack non aumentasse in UE, il destino degli obiettivi climatici dovrà necessariamente passare da un crescente ruolo delle importazioni e dunque da stabili relazioni commerciali con i partner, oltre alla sicurezza delle catene di fornitura che legano paesi come Cina, Corea e Giappone in un denso e integrato network di produzione delle componenti fondamentali delle batterie al litio [Figura 1, 2][5]. In questo scenario, le ricadute positive su crescita economica, posti di lavoro e innovazione sul continente – da un settore che, secondo le proiezioni, potrebbe valere a livello globale oltre $400 miliardi di dollari – sarebbero fortemente a repentaglio: solo nel 2023, tra il 50 e il 70% delle celle impiegate in batterie installate in Europa proveniva dalla Cina[6].
La Commissione europea è intervenuta sulla catena del valore delle batterie principalmente attraverso le sue comunicazioni sulla politica industriale, con l’obiettivo di creare un ecosistema delle batterie integrato, sostenibile e competitivo. La leadership della Commissione è stata particolarmente evidente attraverso l’European Battery Alliance (EBS), un consorzio nato nell’ottobre del 2017 che attualmente riunisce gran parte degli stakeholders del settore, dall’industria all’accademia passando per gli istituti di credito a supporto degli investimenti nelle varie fasi della supply chain. Se l’attività di policy è particolarmente fiorente e all’avanguardia – l’ultimo Regolamento sulla gestione a fine vita delle batterie rappresenta un provvedimento innovativo e unico nel suo genere a livello globale[7] –, soprattutto nell’ottica di incentivare una filiera circolare sostenibile, più frammentario invece risulta il quadro dei finanziamenti ad oggi impiegati per sostenere il settore. Oltre ai consueti canali, come i programmi Horizon, l’European Regional Development Fund (ERDF) e l’European Fund for Strategic Investments (EFSI) gestiti dall’European investment Bank (EIB) e il più recente Innovation Fund and Recovery and Resilience Facility (RRF), l’UE fornisce prestiti e sovvenzioni principalmente per la ricerca e i progetti pilota per la manifattura di batterie. Secondo uno studio dell’European Court of Auditors, tra il 2014 e il 2020 sono stati erogati €1,2 miliardi di sovvenzioni e €495 milioni sottoforma di prestiti per il settore[8]. Volumi che appaiono ancora troppo risicati per sostenere l’ingresso delle start-up, dalle fasi dimostrative fino a raggiungere quelle economie di scala per provare a reggere il confronto con i grandi player asiatici (specialmente cinesi, coreani e giapponesi). Proprio per sopperire a questo gap, la Commissione ha avanzato a dicembre 2020 l’introduzione del meccanismo degli IPCEI (Important Project of Common European Interest), al fine di rilassare le regole sugli aiuti di Stato per il finanziamento, da parte degli Stati membri, di progetti di rilievo strategico. Nello stesso periodo, sono stati autorizzati circa €3,2 miliardi, mentre per il bilancio 2021-2027 sono in cantiere progetti per circa €2,8 miliardi, con tre paesi (Germania, Francia e Italia) che hanno contato rispettivamente per l’87% e l’83% degli aiuti di Stato autorizzati per i due progetti[9]. Dal punto di vista europeo, centrale rimane il focus su ricerca di base e avanzata (R&D)[10], considerando che l’innovazione verso la nuova generazione di batterie (quelle al sodio[11] e allo stato solido) potrebbe consentire da un lato di acquisire un vantaggio di mercato con il dispiegamento di tecnologie più efficienti per i settori end-use, dall’altro di ridurre drasticamente l’esposizione dell’industria dalle dipendenze estere sui materiali (catodi, anodi) e materie prime critiche (CRMs)[12].
Proprio la dipendenza dai fornitori esteri ha reso essenziale, in un contesto geoeconomico in rapido mutamento, conciliare gli ambiziosi obiettivi del Green Deal con strumenti e politiche volte a mitigare i rischi di approvvigionamento. A febbraio del 2023, la Commissione ha lanciato il suo Green Deal Industrial Plan per rafforzare la competitività delle sue industrie low-carbon, specialmente di fronte al dominio cinese e in risposta all’Inflation Reduction Act (IRA) americano, per cercare di svincolare gli obiettivi della transizione energetica da un contesto internazionale di crescente competizione[13]. Il piano, declinato attraverso il braccio operativo – Net Zero Industry Act (NZIA), con un obiettivo del 40% del fabbisogno UE al 2030 da impianti produttivi in UE – prevede di facilitare i processi di autorizzazione dei progetti, l’accesso ai finanziamenti e di puntare sulla forza lavoro specializzata. Complementare a questa iniziativa, l’European Critical Raw Materials Act (EU CRMs Act) prevede, invece, alcuni target per l’estrazione (10%), raffinazione (40%) e riciclo (25%) da assicurare a livello regionale sul fabbisogno complessivo di materiali critici come litio, cobalto, nichel, grafite e manganese[14]. Allo stato attuale, tuttavia, la capacità europea rimane limitata soprattutto sul piano minerario, considerando i lunghi tempi di autorizzazione e gli investimenti richiesti, mentre il target al 2030 per la processazione delle materie prime in metalli è raggiunto o raggiungibile solo per nichel e cobalto per quanto riguarda il fabbisogno delle gigafactory europee[15]. Sul piano della diversificazione delle forniture, la Commissione europea ha avviato dialoghi con paesi del Sud globale ricchi di CRMs come Cile (con cui è stato rinegoziato un accordo di libero scambio a dicembre 2022), Argentina (concluso ma in stallo), Australia (in stallo), Indonesia (in negoziazione) e Canada (FTA esistente, include Dialogo Bilaterale sui minerali critici) per facilitare gli investimenti delle imprese europee. Infine, dai soli 44 gigawattora (GWh) di capacità installata del 2020, secondo alcune stime la capacità manifatturiera europea potrebbe raggiungere i 1.400 GWh entro la fine del decennio secondo gli investimenti annunciati e quelli previsti dalle case automobilistiche e dai player asiatici attirati sul continente. Tuttavia, la produzione di celle in Europa – che, si nota, ha raggiunto un output di 65 GWh nel 2023 mentre la capacità industriale è controllata per oltre metà da aziende non europee, con uno share che potrebbe salire al 56% (GWh) entro il 2025[16] – è lungi dall’essere assicurata in un contesto di mercato e normativo in continua evoluzione e in assenza di supporti pubblici adeguati alle complessità di questo mercato.
Il legame con l’automotive (EV): il caso di Northvolt
Il futuro dell’industria delle batterie in Europa sarà in gran parte legato ai piani con cui i grandi player dell’automotive (Stellantis, BMW, Renault e Volkswagen per citare le prime aziende automobilistiche europee per capitalizzazione di borsa) procederanno a decarbonizzare le proprie flotte, sulla base delle normative europee vigenti sulle emissioni allo scarico[17]. Nel 2035, l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 per l’intera flotta UE è di 0 g CO2/kg, corrispondente a una riduzione del 100% (una decisione che appunto prevede il phase-out dei veicoli a combustione interna, ICE, per le case produttrici che vorranno vendere sul mercato europeo)[18]. Negli ultimi mesi, una levata di critiche da parte di alcuni Stati membri e per ultimo, ma non meno rilevante, dell’European Automobile Manufacturers Association (ACEA) ha riportato al centro della discussione politica il futuro dell’industria automotive UE, della competitività e della sostenibilità di una transizione all’elettrico così perseguita che sembra per molti governi aprire le porte alle aziende cinesi e decretare la de-industrializzazione di un settore cardine dell’economia europea[19]. Qualora la richiesta di posticipare il target intermedio del 2025 venga rigettata – come sembra emergere dalle prime reazioni a Bruxelles e dalla reazione del mondo industriale che ha scommesso sulla transizione, tra cui Stellantis[20] –, in risposta alle regole più severe per le case automobilistiche continentali si apriranno sostanzialmente quattro scenari per ottemperare alla legislazione comunitaria, evitando così ingenti multe dalla Commissione: 1) espandere la quota di vendite di veicoli elettrici; 2) bilanciare le vendite di BEV (incluse le PHEV); 3) procedere con l’acquisto di crediti di carbonio; 4) ridurre la quota di veicoli compatti ICE nel mix del loro portfolio di vendite, con immediati impatti sui margini di profitto. In ognuno di questi quattro scenari – non necessariamente incompatibili, ma che prevederanno differenti strategie d’investimento in un contesto di mercato in evoluzione (Figura 6) ̶ la domanda UE di batterie per il settore automotive potrà variare significativamente. Ed è proprio questo che rappresenta un punto cruciale per la certezza e la viabilità dei progetti lungo la catena del valore delle batterie sul continente, sulla quale pende una netta presa di posizione della Commissione a tutela di un’industria strategica per il Green Deal UE[21]. Così come gli investimenti in gigafactory dipendono dalla presenza di importanti linee di assemblaggio di EV sul continente, quest’ultime saranno a loro volta pianificate anche in prossimità e certezza di avere un ecosistema delle batterie maturo (come tecnologia ed efficienza) rispetto ai desiderata degli dei grandi player dell’automotive.
Questo aspetto è ancora più rilevante considerando che in Cina (il mercato più grande del mondo, circa 6 milioni di nuove vendite EV/PHEV solo negli scorsi mesi) tra gennaio ed agosto di quest’anno circa il 94% delle installazioni di batterie elettriche per auto (EV) è stato effettuato da operatori nazionali, con le sole CATL e BYD a dividersi quasi due terzi degli ordinativi e ora già in fase operativa per conquistare i mercati internazionali (con l’eccezione degli USA che hanno preventivamente deciso di erigere importanti barriere commerciali, con i dazi ad EV e batterie elettriche rispettivamente al 100 e 25%). Con la saturazione del mercato più grande al mondo per via del consolidamento dello share dei produttori di batterie cinesi (che hanno accumulato anni di R&D, investimenti e integrazione delle rispettive filiere), la speranza per i produttori fuori dalla Cina – le coreane LG Energy Solution e Samsung SDI, la giapponese Panasonic – è quella di catturare il più possibile gli ordinativi dagli altri due mercati di riferimento: quello europeo e nordamericano. Se da un lato la possibilità di ricorrere ai produttori asiatici può rappresentare un modo per diversificare il rischio di un’eccessiva dipendenza dalla Cina (perlomeno in via indiretta, considerando che LG e Samsung sono a loro volta fortemente interconnessi nella filiera delle componenti che gravita intorno all’industria cinese[22]), dall’altra questo non consente l’emergere di veri e proprio “campioni” europei. Gli investimenti sul suolo europeo in nuove gigafactory di Tesla, CATL, Svolt e LG hanno attirato in questi anni anche un network di sub-fornitori, che hanno risposto alle esigenze di friend-shoring localizzando la produzione il più vicino possibile al mercato europeo. Queste dinamiche geoeconomiche, spinte dalla competizione tecno-industriale tra Cina e Stati Uniti, hanno incoraggiato l’offerta in un contesto di mercato che ha invece visto la domanda (vendite e registrazioni) di EV e PHEV in una fase di leggera flessione tra gennaio e agosto 2024 rispetto agli anni precedenti in UE. Più in generale, l’industria automotive è di fronte ad una più ampia crisi che riguarda competitività, innovazione, crisi del brand e frammentazione delle supply chain per rivalità geopolitiche che spingono per bilanciare i segmenti di vendita e a ripensare le strategie [23].
Secondo Transport & Environment (T&E), in base agli attuali piani di produzione l’Europa potrebbe produrre un numero di celle per batterie sufficiente a soddisfare la propria domanda già nel 2026. Da qui al 2030, la capacità di produzione potrebbe raggiungere 1,7 TWh, guidata dagli impianti in Germania, Ungheria, Spagna, Francia e Regno Unito. Tuttavia, solo 815 GWh (sufficienti ad alimentare 13,6 milioni di auto elettriche) sono attualmente sicuri di continuare le operazioni, mentre più della metà degli impianti di batterie annunciati di recente rischiano di essere ritardati, ridimensionati o cancellati per via di differenti fattori (poco più di 200 GWh)[24]. Tra le vittime più illustri, le gigafactory di Italvolt (Italia), Freyr (Finlandia e Norvegia), Volkswagen PowerCo (Europa dell’est), Farasis e Blackstone (Germania) ed Eurocell (Olanda), mentre ACC (joint venture tra Mercedes, Stellantis e TotalEnergies) ha momentaneamente sospeso la costruzione di due impianti (in Francia e Germania) per riorientare la produzione, e la cinese Svolt ha deciso di non procedere con la gigafactory nel Brandeburgo, in Germania. Ma il caso però più eclatante e simbolico, tra difficoltà del mercato EV e strapotenza industriale cinese, è quello di Northvolt AB, start up svedese delle batterie fondata nel 2015, tra i cui maggiori azionisti figura Volkswagen, con una quota del 21%.
Sin dalla sua nascita, l’azienda si è impegnata a sviluppare batterie con un impatto carbonico minore dell’80% rispetto a quelle fabbricate con energia fossile, approfittando della disponibilità di rinnovabili in Svezia (idroelettrico ed eolico). L’obiettivo della start-up (160 GWh di capacità al 2030 solo in UE), sarebbe stato quello di rivaleggiare con Tesla e i concorrenti cinesi nella produzione di batterie. Nel 2018, l’European Investment Bank (EIB) ha finanziato la prima linea pilota per la produzione di celle con un prestito di €52,5 milioni, per poi seguire con €319 milioni due anni più tardi per supportare la fase iniziale della costruzione della prima gigafactory di proprietà di un’azienda europea a Ett, in Svezia. A gennaio 2024, l’EIB ha ulteriormente ampliato i volumi del finanziamento, arrivati a circa €943 milioni per supportare l’espansione del sito svedese: inizialmente con una capacità di 16 GWh all’anno, per arrivare potenzialmente a 60 GWh.
Considerando l’importanza del progetto di Northvolt per l’ecosistema EV europeo, nel marzo del 2022 l’azienda aveva annunciato la costruzione di un ulteriore gigafactory (in joint venture con Volkswagen) a Heide, in Germania, iniziata poi esattamente due anni più tardi alla presenza del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, grazie anche agli aiuti di Stato tedeschi approvati a gennaio dall’UE. Un pacchetto di circa €902 milioni, di cui 700 in sovvenzioni dirette e 202 di garanzie sul prestito, che avevano convinto la start-up a rinunciare alla possibilità di costruire un impianto simile negli Stati Uniti per beneficiare dei generosi incentivi dell’Inflation Reduction Act (IRA). In totale, circa €2,7 miliardi sono stati impegnati da diverse istituzioni pubbliche europee, attraverso un flusso di finanziamenti a più livelli (stato, UE), che si aggiungono a circa €12 miliardi raccolti da investitori privati, tra cui Goldman Sachs, Volkswagen, BMW, Vargas Holding e altri fondi[25].
La solidità dei concorrenti, oltre alle difficoltà di raggiungere un’economia di scala adeguata a rispettare gli onerosi ordinativi (l’azienda aveva un portafoglio ordini di 50 miliardi di dollari) e le partnership siglate, hanno messo Northvolt di fronte a difficoltà finanziarie. Insieme a BMW e la società chimica belga Umicore (tra i pochi produttori UE di materiali catodici), la start-up svedese aveva avviato una partnership nel 2018 per lo sviluppo di una filiera integrata e sostenibile in Europa. Ma nella gigafactory di Skelleftea, in Svezia, la start up ha saputo produrre poco meno di 1 GW di celle (quanto basta per circa 17.000 veicoli elettrici) in tutto il 2023. A questi ritmi, la società non è riuscita ad ottenere un livello di profittabilità adeguato per rassicurare i suoi investitori privati, considerando che le sue linee produttive non sono state in grado di produrre nemmeno il 5% della capacità installata. Nel 2020, BMW aveva assegnato a Northvolt un importante contratto a lungo termine per la fornitura di celle per i suoi modelli EV (i4, i7, iX), da circa €2 miliardi, insieme a quelli siglati con produttori del calibro di CATL (dalla gigafactory di Erfurt, in Germania) e Samsung SDI. Tuttavia, a giugno 2024 l’accordo è stato cancellato per i ritardi di consegna e la qualità delle celle cilindriche non in linea con gli standard fissati da BMW[26]. Anche Volkswagen ha lamentato il ritardo delle consegne per la sua sussidiaria Scania, che si occupa di produrre furgoni. Se da un lato sembra emergere un ritardo tecnologico rispetto ai peer per numero di celle utilizzabili, oltre ad una visibilità della domanda non così certa, dall’altro le difficoltà di Northvolt sono allarmanti per tutti gli stakeholders.
Senza la possibilità di aumentare rapidamente la produzione in scala delle celle, la start-up ha dovuto assorbire i maggiori costi con un fatturato più ristretto (a luglio, le perdite operative sono triplicate a circa €1 miliardo, mentre le entrate sono rimaste ferme a €128 milioni), arrivando così a rivedere i target: a fine settembre, la decisione di bloccare l’investimento in Svezia ha portato ad un taglio di 1.600 posti di lavoro.
Ulteriore passo negativo della vicenda è stato la dichiarazione di fallimento della sussidiaria Northvolt USA, a causa dell’assenza di liquidità a fronte dei forti debiti. Resta da vedere se l’azienda europea potrà essere salvata, riorganizzata ed eventualmente con quali nuovi partner (i cinesi di CATL, facendo naufragare gli obiettivi di de-risking dalla Cina?). Permane la centralità che Northvolt ha svolto sin dalla sua nascita nel quadro del panorama industriale europeo. Anche grazie alla sua creazione, l’UE ha aumentato la sua quota del mercato globale delle batterie dal 3% al 17%, con un fatturato annuo di 81 miliardi di euro nel 2023, dopo aver speso più di 6 miliardi di euro del bilancio dell’UE per sostenere progetti transfrontalieri di batterie, ricerca e innovazione.[27]
Con Northvolt, nonostante i generosi capitali erogati in questi anni, sono in gioco la credibilità dell’ecosistema e le ambizioni europee di una maggiore autonomia nel perseguimento di obiettivi di sostenibilità nell’attuale contesto geoeconomico. Il ministro dell’Economia svedese, Ebba Busch, ha parlato durante un’intervista televisiva della battaglia tra Cina e UE sul futuro dell’industria automobilistica come “Industrikrig”[28].
L’industria delle batterie europea è di fronte ad un momento molto delicato. Il caso di Northvolt è il più evidente che mette insieme ritardi tecnologici, economie di scala ancora poco sviluppate, la feroce concorrenza della Cina e un contesto normativo volatile e suscettibile a possibili ribaltamenti per via della frammentazione politica europea sul tema dell’elettrificazione del parco auto. Se da una parte gli investimenti esteri sembrano aver contribuito a gettare le base per l’emergere di un ecosistema industriale alternativo alla Cina e parallelo agli USA, la capacità produttiva rimane fortemente dipendente da attori non-europei che hanno scommesso sulla crescita di ESS e EV/PHEV installate e vendute in Europa. L’interconnessione tra questi due segmenti di mercato è un aspetto da non sottovalutare nello sviluppo futuro di sistemi energetici che possano contare su una base industriale UE che possa soddisfare (celle/GWh) le crescenti esigenze di stoccaggio e gestione dell’energia rinnovabile in un’ottica di autonomia strategica.
[1] Comunicazione della Commissione su “Sustainable Mobility for Europe: safe, connected, and clean”, COM(2018) 293.
[2] Comunicazione della Commissione sul “European Green Deal”, COM(2019) 640.
[3] Comunicazione della Commissione sulla “Sustainable and Smart Mobility Strategy”, COM(2020) 789.
[4] Transport&Environment (T&E), An industrial blueprint for batteries in Europe, How Europe can successfully build a sustainable battery value chain, Report, Maggio 2024.
[5] A. Prina Cerai, “Geography of control: a deep dive assessment on criticality and lithium supply chain” Mineral Economics, gennaio 2024.
[6] M. Draghi, The future of European competitiveness. Part A / A competitiveness strategy for Europe, Settembre 2024, p. 121.
[7] Regolamento del Parlamento e del Consiglio europeo, 2023/1532. https://eur-lex.europa.eu/eli/reg/2023/1542/oj. L’emendamento introdotto a luglio alla legislazione allora vigente prevede, per chi vorrà vendere batterie sul mercato europeo, criteri stringenti per favorire il riciclo di materiali critici (con requisiti minimi da introdurre a partire dal 2031), la riparazione dei moduli e l’accesso a dati sensibili per i consumatori. Inoltre, dal 1 febbraio 2027 tutte le batterie per la mobilità elettrica e l’industria di capacità nominale di 2 kWh vendute in UE dovranno essere associate ad un “passaporto” digitale per identificare componenti e produttore.
[8] European Court of Auditors (ECA), The EU’s industrial policy on batteries. New strategic impetus needed, Special Report, 19 giugno 2023.
[9] Ibidem.
[10] Come il consorzio di ricerca europeo Battery 2030+, finanziato con fondi Horizon Europe. https://battery2030.eu/battery2030/about-us/
[11] Le batterie al sodio, che funzionano anche ad alte temperature, hanno guadagnato terreno perché offrono una combinazione di alta densità di energia e di potenza, una maggiore durata e una maggiore capacità di accumulo rispetto alle batterie agli ioni di litio, utilizzando al tempo stesso materiali a basso costo. Grazie a queste qualità, le batterie al sodio risultano molto promettenti soprattutto per lo stoccaggio su larga scala (ESS).
[12] La dipendenza dalle importazioni dell’UE per materiali vergini e battery grade è rispettivamente dell’81% e dell’1% per il cobalto, dell’81% e del 100% per il litio, del 96% e del 66% per la manganese, del 31% e del 75% per il nichel e del 99% per la grafite naturale. Commissione europea, Study on the Critical Raw Materials for the EU 2023, Final Report 2023.
[13] A. Prina Cerai, V. Zanini, “Transizione verde e UE: quale futuro nel nuovo (dis)ordine mondiale?”, Approfondimento ISPI, Senato della Repubblica (forthcoming).
[14] A. Prina Cerai, “Materie prime strategiche: i piani dei Big Four dell’UE”, ISPI Global Watch n°179, 12 luglio 2024.
[15] Eurometaux, Raw Materials 2030: A Rallying Call for European Resilience, 2030 Resilience Manifesto.
[16] ECA, The EU’s industrial policy on batteries. New strategic impetus needed, p. 26.
[17] Articolo 1 della proposta della Commissione per un Regolamento sul rafforzamento degli standard di emissione, COM (2021) 556, Regolamento europeo 2021/1119, “European Climate Law”.
[18] Decisione implementativa della Commissione 2023/1623.
[19] A. Hancock, K. Inagaki, “EU carmakers pressure Brussels to delay stricter emission rules”, Financial Times, 19 settembre 2024.
[20] Industry for 2035, “European industry call for no reopening of the 2035 car C02 law”, 1 ottobre 2024.
[21] Si veda Prina Cerai, Zanini, “Transizione verde e UE: quale futuro nel nuovo (dis)ordine mondiale?”, Box 1.
[22] Prina Cerai, “Geography of control: a deep dive assessment of criticality and lithium supply chain”.
[23] A. Waas, P. Sadek, B. Hofmann, J. Gruener, “European Auto Industry Is at a Crossroads” BCG, 5 settembre 2023.
[24] Transport & Environment (T&E), “An industrial blueprint for batteries in Europe: How Europe can successfully build a sustainable battery value chain”, Report, maggio 2024.
[25] R. Milne, “Europe’s great battery hope Northvolt fights for survival” Financial Times, 23 settembre 2024.
[26] “Northvolt likely losing billion-euro order from BMW” Electrive, 21 giugno 2024.
[27] K. Inagaki, H. Agnew, P. Nilsson, S. White, A. Hancock, C. Davies, R. Milne, The Northvolt dilemma: can European EVs avoid relying on Asian batteries?, Financial Times, 25 November 2024
[28] “Ebba Busch (KD) om krisande Northvolt: Inte aktuellt med akutlån” SVT, 22 settembre 2024.
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