Milano, la vigilia di Natale dei rider: «Consegne, visita alla mamma in ospedale e messa di mezzanotte». E c’è anche chi videochiama la famiglia in Bangladesh

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di
Matteo Castagnoli

Una serata con i rider dal Gratosoglio a piazzale Loreto. Tra le vie poco trafficate della città, si incontrano sia italiani (pochi) che stranieri: «Pizze, panini e sushi anche per gruppi. Usciamo per incontrare gli amici. Finito di lavorare cucino per tutti»

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Alla messa di mezzanotte manca un’ora. «L’obiettivo importantissimo» dista sette chilometri e un quarto d’ora di strada, risalendo dal Gratosoglio, estrema periferia sud di Milano, a via Washington, due passi dal centro. Alberto, rider dal 2020, non può mancare o tardare all’appuntamento. Sono le 21.30. «Fa freddo, e non sono ancora passato da casa – confida -. Mi riposerò seduto in chiesa», aggiunge sorridendo. 

Ha timbrato il suo «cartellino» della vigilia di Natale a mezzogiorno. Poi i primi ordini di giornata, un salto in palestra, la visita alla mamma in ospedale e di nuovo le consegne fino alle 21. Quando ha detto stop e ha girato la chiave del suo Piaggio Beverly 400 per andare a messa. Come ha sempre fatto. 




















































Rider italiano

Regole di sopravvivenza, forse. Perimetro tracciato intorno alle proprie esigenze. D’altronde, di liberi professionisti si tratta: «Il 24 dicembre per me è un giorno come gli altri. Ho 60 anni e scelto di lavorare. Non ho moglie o figli, ho deciso di fatturare». Gli occhi gocciolano. Indossa lenti da sole e casco con visiera. Ma sembra nulla in confronto ai ritmi ai quali era abituato: Alberto sfoggia un lungo curriculum nel mondo della ristorazione. È stato gestore di diversi locali noti in zona Garibaldi. Sa cosa vuol dire lavorare anche durante le Feste. Ora guadagna «circa 1.300 euro al mese lavorando 35 ore alla settimana». Rider italiano.

E se è vero che il lavoratore autonomo sceglie quando mettersi in sella alla propria bici o allo scooter, più ore equivalgono a più consegne. Quindi aumento della paga. E nei festivi «è riconosciuto un’extra del 10% su ogni ordine preso». Almeno per Deliveroo, per cui il 60enne fa il rider dopo esperienze in Just Eat e Uber. Alberto vive nella casa di proprietà dei genitori, ma conosce colleghi che arrivano a guadagnare anche «2, 3mila euro al mese con però il doppio, se non il triplo, delle ore». Comunque sia, il 60enne riesce a incastrare impegni e vita privata oltre a vivere del suo stipendio a Milano. Un piacere, pur lavorando la vigilia di Natale. 

«La situazione paghe è altalenante – chiarisce Mario Grasso, funzionario nazionale di Uiltucs -. Le aziende fissano un budget sugli ordini per ogni città. Raggiunto quello, il corrispettivo per ogni consegna si abbassa. Con la direttiva europea relativa ai lavoratori delle piattaforme digitali, che dovrà essere recepita entro due anni dagli stati membri, verrà riconosciuto lo status i lavoratori subordinati». Addio partite iva o prestazioni occasionali. 

Gli ordini della vigilia di Natale

Mentre guarda il telefono, il taccuino digitale delle prenotazioni della vigilia, Alberto chiarisce che «la parte culinaria, natalizia, le persone preferiscono ancora gestirsela». Quindi, non solo meno ordini, ma piccoli. «Magari chi non aveva voglia di cucinare». È difficile che qualche cliente ordini il cenone via app. I più gettonati sono sushi, panini insalate, poke e pizze. «Anche quattro, cinque alla volta perché c’è chi è già in ferie», spiega Alberto. Qualche piccolo gruppo riunito per la vigilia, quindi, in realtà c’è. Ma il telefono vibra meno. Così anche per chi non è festa, almeno secondo la tradizione, si può rallentare. E riunirsi, un po’ dove capita.

Didar, rider dal Bangladesh: «Anche noi festeggiamo»

Piazzale Loreto, angolo via Canzio, a nord della città. C’è una nicchia profonda un paio di metri lungo la strada. Custodisce distributori automatici di bevande e spuntini. Didar, 36 anni originario del Bangladesh, da dieci in Italia e da quattro di professione rider, è appoggiato con la spalla destra al muro. Giaccone impermeabile, scaldacollo nero. Un orecchio è libero, nell’altro tiene una cuffietta wireless per rispondere il più veloce che può ad avvisi e chiamate. Ci sono anche quelle che gli arrivano da casa sua, a 7.400 chilometri di distanza. 

Là ha lasciato la sua famiglia: «Questi giorni in cui si corre meno, in cui c’è meno lavoro riusciamo anche a sentire i nostri parenti. Siamo felici. Di solito è difficile». Con Didar ci sono due colleghi. Alcuni fast food della zona, in genere punti di ritrovo, di appoggio, di chiacchere, hanno anticipato la chiusura. Loro parlano. Si organizzano per il post lavoro. Intorno alle 22 vorrebbero staccare, «ma dipende se arrivano ordini». Poi l’idea: «Siamo in Italia, quindi festeggeremo pure noi. Viviamo insieme, cucinerò qualcosa per tutti a casa, in via Padova. Nei giorni normali è complicato anche solo vedersi, per noi Natale è questo: non la famiglia, ma ritrovarsi in strada e poter parlare». 

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Didar si infila lo zaino azzurro e accende il suo scooter. Fa strada agli amici-colleghi. Si spostano di un centinaio di metri scarsi, lungo una traversa: spuntano sei motorini e bici appesantite nel portapacchi dalle sacche per le consegne. Ridono, si abbracciano, qualcuno saluta e sgasa. È Natale per tutti. Anche per chi lavora. Anche per i rider, italiani o stranieri.

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25 dicembre 2024 ( modifica il 25 dicembre 2024 | 11:55)

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