Attenzione. Non arrabbiarti, Dio ti sente, Elena Piastra no!

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Corso Piemonte, Settimo Torinese. Un nuovo cartello, amaro e disperato: «Siamo i dimenticati delle case popolari. Basta con le morti. Basta con il degrado». Non è il primo, e di certo non sarà l’ultimo. Questa volta, però, il messaggio è accompagnato dal ricordo di Angela, una donna che non ce l’ha fatta a resistere in un contesto così logorante. La sua morte diventa l’emblema di un quartiere lasciato a marcire, abbandonato a sé stesso mentre i suoi abitanti lottano quotidianamente contro problemi strutturali, economici e, ormai, anche morali.

La situazione è drammatica: muri scrostati, ascensori fuori uso, muffa che avvolge interi appartamenti e, soprattutto, l’inerzia. Gli alloggi vuoti, lasciati murati per anni, continuano a essere riscaldati, gonfiando le bollette degli inquilini che faticano a far quadrare i conti. Le spese sono alle stelle, la manutenzione inesistente, e l’ATC – l’Agenzia Territoriale per la Casa – si fa viva solo quando c’è da sollecitare i pagamenti, mai per risolvere i problemi. Case che, è bene ricordarlo, sono di proprietà del Comune di Torino ma gestite dall’ATC, un binomio che da anni si traduce in inefficienze e scarico di responsabilità.

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Ma il vero paradosso è che, mentre i residenti combattono una guerra quotidiana contro il degrado, Elena Piastra, sindaca di Settimo Torinese, soprannominata la “chiacchierona” e da qualche tempo anche “Elena dei palazzi”, dipinge un futuro con un epilogo che sembra uscito da una favola (E vissero tutti felici e contenti).

“Abbatteremo le case popolari e costruiremo un quartiere modello”, proclama con entusiasmo in ogni occasione pubblica. Parla di rigenerazione urbana, di fondi europei, di partenariati pubblico-privati. Eppure, per chi vive tra quelle mura fatiscenti, queste parole suonano vuote, quasi offensive.

Il cartello più recente, affisso il giorno di Santo Stefano, non è il primo né l’unico segnale di una comunità al limite della sopportazione. Già prima di Natale, un altro messaggio era apparso al Parco Lama: «Nessuno osi calpestare la nostra dignità!». Parole forti, che denunciano un senso di abbandono ormai insopportabile. Ma denunciare sembra inutile. Chi lo leggerà davvero? Qualcuno si fermerà a riflettere?

Di certo non la sindaca Elena Piastra, che continua imperterrita a sbandierare i suoi progetti per un futuro stellare. Nel suo universo parallelo, nella sua isola che non c’è, nel suo mondo fatto di pezzi di città e di temi, Settimo è già un modello di innovazione urbanistica, con le case popolari di corso Piemonte che diventeranno un quartiere avveniristico, appartamenti nuovi di zecca e affitti accessibili a tutti.

Peccato che questa visione si scontri con una realtà ben più desolante: i soldi per realizzare tutto questo semplicemente non ci sono. Un dettaglio insignificante, dato che la sindaca si affida a formule magiche e “investimenti pubblico-privati”, come se bastasse nominarli per farli materializzare.

Nel frattempo, i cittadini di corso Piemonte restano soli a fare i conti con problemi che nessuno vuole affrontare. Le case vuote potrebbero essere assegnate a chi ha bisogno, ma sono lasciate a marcire, alimentando il degrado. I costi di riscaldamento lievitano, le infiltrazioni peggiorano, i citofoni restano rotti. L’ATC, gestore degli immobili, sembra sparita. E il Comune di Torino? Più che interessarsi davvero della situazione, sembra dimenticarsi di essere il proprietario di questi edifici, lasciando ogni responsabilità a un’amministrazione locale più interessata ai social che alla realtà.

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Altro non restano che i cartelli. «Attenzione. Non arrabbiarti, Dio ti sente, la politica no!», scrivono. Un’amara constatazione che descrive perfettamente l’impotenza di chi vive in un contesto di abbandono e ha perso ogni fiducia in chi dovrebbe rappresentarlo.

E mentre i cittadini lottano contro il degrado, Elena Piastra continua il suo tour di promesse e visioni futuristiche. “Con quel quartiere cambierà tutto!”, proclama con entusiasmo, quasi cercando di convincere sé stessa. La realtà, però, racconta tutt’altra storia. I problemi di corso Piemonte non sono nuovi, e di certo non si risolveranno con un paio di post su Facebook o con qualche parola altisonante sui fondi europei.

La verità è che i cittadini di Settimo Torinese non chiedono visioni o quartieri da copertina. Non vogliono essere raccontati come quel pezzo di città che ci invidierà tutto il mondo. Non vogliono far parte di quella città che negli incubi di chi la descrive fa scuola in tutta Italia.

Le cantilene della sindaca – tutte decantate con il copia e incolla – non le sopportano più: “E poi c’è un tema, e poi c’è quell’altro tema… E poi c’è un pezzo e poi c’è un altro pezzo…”.

Vogliono una città decorosa, dove una casa sia una casa e non un monumento al degrado. Vogliono parchi vivibili, strade sicure, servizi funzionanti. Vogliono dignità, non proclami.

Insomma, meno parole e più fatti, cara sindaca Piastra. Settimo non ha bisogno di un’altra illusione o di una illusionista, ma di qualcuno che inizi a lavorare davvero per il bene di chi ci vive.

Una che scrive al Prefetto, al sindaco di Torino, al Presidente della Regione, al presidente dell’Atc. Una che batte i pugni sui tavoli in cui si prendono le decisioni.

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Perché la politica può anche non vedere i cartelli, ma i cittadini non smetteranno di appenderli finché non otterranno ciò che meritano.





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