Padre Aldo Trento, apostolo della carità, e il coraggioso Lucchina

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Caro direttore, che dolore la morte di padre Aldo Trento. Grazie perché voi di Tempi avete dato spazio e voce a padre Aldo: un santo, un vero profeta. Spero che possa esser pubblicato un libro su di lui o un vostro numero con una raccolta dei suoi scritti. Il mondo è più povero oggi. Noi sappiamo che c’è la resurrezione, ma anche se da lontano era bello sapere che c’era un santo così. Grazie per il vostro lavoro amici cari. La Madonna ed ora padre Aldo dal Cielo ci guidino.
Lucia Dallagnese

È sufficiente vedere quanti articoli sono stati scritti in Paraguay in occasione della sua scomparsa per capire che padre Aldo è stato un apostolo della carità in quel paese. L’idea del libro è giusta, cara Lucia. Rileggendo in questi giorni alcuni degli articoli che padre Aldo scrisse per Tempi abbiamo trovato delle perle straordinarie.

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Conto e carta

difficile da pignorare

 

La scomparsa di Carlo Lucchina mi addolora, è stato senza dubbio nell’era Formigoni il vero artefice della costruzione di quella sanità lombarda di cui la nostra regione va orgogliosa.

Manlio Manni

Come ha detto lo stesso Formigoni, Lucchina è stato «il più grande esperto in materia di amministrazione sanitaria. È stato il direttore generale della grande sanità lombarda». Mi hanno raccontato che, di recente, durante un incontro con alcuni operatori sanitari ha raccontato con grande lucidità “perché” si impegnò a costruire la sanità lombarda in un certo modo, cercando di garantire a tutti le migliori cure possibili, anche alla luce del giudizio culturale che aveva maturato grazie alla sua fede. Anche di questo gli siamo tutti debitori, visto quello che, negli ultimi tempi, ha dovuto subire ingiustamente (caso Englaro). È stato un uomo intelligente e coraggioso.

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Lo scorso 19 dicembre il parlamento europeo ha votato una risoluzione che ancora una volta condanna l’Azerbaigian per la terribile situazione dei diritti umani in quel Paese. Non solo per gli oppositori politici ma anche per i prigionieri di guerra armeni illegalmente detenuti dal regime di Aliyev. La risoluzione è passata a larghissima maggioranza: 434 voti a favore, 89 astenuti e solo 30 contrari. I voti contrari provengano purtroppo per buona parte dall’Italia (19) e specificatamente dal gruppo di Fratelli d’Italia. È incredibile come una risoluzione di tal importanza morale, che si esprimeva a difesa dei diritti umani, abbia potuto avere il voto contrario di rappresentanti del popolo italiano. Il gruppo che ha votato contro è capitanato dal ministro della Difesa, Crosetto, insieme ai parlamentari del suo partito, a differenza di quasi tutto il resto del parlamento europeo, ha ritenuto assolutamente necessaria l’opposizione a una mozione sui diritti umani non si sa se per vendere più armi al regime di Aliyev o con la improbabile scusa di salvaguardare le forniture di gas. Ovviamente c’era anche la scelta diplomatica di astenersi, però con il voto espresso risulterebbe palese che Fratelli d’Italia preferisce stare dalla parte di un regime che è considerato tra i dieci peggiori e oppressivi al mondo, alla faccia dei diritti umani e del rispetto della dignità di ogni essere umano. Finché c’è guerra c’è speranza, recitava il titolo di un vecchio film con Alberto Sordi. I moderni mercanti preferiscono che gli oppositori politici e i prigionieri di guerra pacifici rimangano in galera, pur di non scontentare il cliente dittatore. C’è solo da indignarsi di fronte a tale scenario.

Consiglio per la Comunità Armena di Roma

Condividiamo lo sdegno della comunità armena di Roma.

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Grande Annalena Teggi! Non ci sono parole per ringraziarla per il suo articolo “Non coprite quel bambino nudo”. Il suo e nostro Luigi è orgoglioso di lei e, come a lei, ci manca tanto…
Irene Lapiccirella

Grandissima Teggi, ogni sua rubrica è una sorpresa.

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Cari amici, vi chiamo così perché nei vostri giudizi e analisi, quasi sempre “mi sento a casa”. Credo che sul tema della preghiera di questa mattina – “Una pericolosa confusione regna a sinistra sul tema della violenza” – sia venuto il momento di guardare in faccia una durissima realtà, evidenziata da tanti fatti inequivocabili. A sinistra (Landini, Schlein, fino a molti insospettabili “cattolici democratici”- Dio ce ne scampi e liberi, ovviamente sul piano politico) sono convinti di poter ottenere spazi di potere grazie alla violenza. Non la violenza “firmata” da loro – autodichiarati “pacifisti” comodamente al sicuro nelle loro Ztl – ma da frange più o meno organizzate o anche singoli sprovveduti, aizzati dalle parole incendiarie dei loro capi. Nella nostra storia repubblicana, sono stati viziati come bambini capricciosi in ben due passaggi epocali: il 1960 – con la caduta del governo Tambroni a seguito degli eventi violenti ed eversivi di Genova – e gli anni 70, in cui il Pci, nel bel mezzo delle stragi delle Brigate Rosse, ottenne dal 1976 al 1978 fette di potere enormi (e solo dopo averle ottenute prese le distanze da quelle stragi). Certo, allora la Guerra Fredda faceva sì che, all’interno della Democrazia cristiana, si annidassero i pestilenziali “cattolici democratici”, pronti a spingere nel 1960 per la caduta del governo Tambroni e negli anni 70 per l’apertura al Pci. Inoltre il consenso popolare del Pci giunse, nel 1976, a sfiorare il mitico “sorpasso” della Dc. Inoltre le masse operaie comuniste (e gli studenti universitari già “modello Ztl”) erano allora un vero numeroso blocco sociale. Ma tutto ciò è secondario. I “sinistri” ricordano bene di aver ottenuto allora moltissimo, grazie alla violenza dei “compagni – o fratelli, per i cattolici democratici – che sbagliano”. È giunto il momento di togliere i vizi a loro e alle procure della repubblica che attentano alla democrazia. Come? Ordine pubblico (Ddl sicurezza) e riforma costituzionale della giustizia (Nordio), senza mediazioni e sull’unico mandato che conta, quello del voto popolare. Costi quel che costi e per chiudere definitivamente il Dopoguerra.

Guido Patrone Torino

Quando Landini parla di «rivolta sociale» scherza pericolosamente col fuoco.

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