I costi della burocrazia penalizzano le imprese

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Toscana

di Ennio Cicali

Non ci resta che il Gabibbo, un negoziante di Certaldo ha pensato di rivolgersi al popolare pupazzo di «Striscia la notizia» per accelerare le pratiche per l’apertura di un’edicola. L’episodio si inserisce nel vasto panorama dei costi burocratici che impediscono la norma attività delle imprese. Costi che ricadono su tutti i settori produttivi, dall’artigianato all’agricoltura, commercio, industrie grandi e piccole. Ogni impresa paga nel rapporto con la burocrazia, il 5% del fatturato e impegna a questo scopo ventiquattro giornate/persona l’anno. Chi non ce la fa da solo, è il caso delle piccolissime imprese, ricorre a professionisti esterni per districarsi tra adempimenti e scadenze. Succede anche in Toscana, secondo un rapporto della Promo P.A. che ha concentrato la propria attenzione sul distretto di Prato, uno dei più rappresentativi dell’economia regionale. Proprio a Prato le imprese devono dedicare ai rapporti con la pubblica amministrazione più giornate/persona di quanto non avvenga nel resto d’Italia, 32,1 giorni contro i 24 nazionale. Gli imprenditori pratesi bocciano con 5 meno la pubblica amministrazione e le attese per il prossimo triennio non promettono niente di buono.

Gli artigiani stanno ancora peggio, secondo uno studio di Confartigianato sulle aziende fino a 20 dipendenti. Un dossier che elenca ben 48 ritardi dell’Italia rispetto all’Europa. Ritardi che costano molto alle imprese artigiane. Non si salva quasi niente o nessuno: burocrazia a tutti i livelli, energia, giustizia.

La burocrazia penalizza anche l’agricoltura. Un dossier della Confederazione italiana agricoltori mette in luce tempi lunghissimi per avere un permesso, anche 5 anni per migliorare una stalla. Sono solo alcuni esempi dei primi 50 casi di malaburocrazia raccolti dalla Cia toscana. I problemi arrivano dalle norme regionali, dalle disposizioni previste dai piani territoriali di coordinamento delle province, dagli atti dei comuni. Esistono anche delle eccezioni, nel marasma delle anomalie dell’agricoltura toscana spicca anche una «buona prassi» in provincia di Siena: un’autorizzazione edilizia concessa in soli sei mesi.

Il paradosso è che lo strumento per alleggerire, almeno in parte, il peso della burocrazia sulle imprese esiste da lungo tempo. Era il 15 maggio 1997, quando l’allora ministro Bassanini emanò una legge per le «misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa, dei procedimenti di decisione e controllo». Dalla legge Bassanini a oggi il tema della semplificazione amministrativa, se pure a fasi alterne, ricorre nel dibattito politico. Ogni partito ne fa la sua bandiera, salvo poi dimenticarsene. Dopo 11 anni, dallo scorso febbraio è partita in dieci province pilota, tra le quali Prato, la fase sperimentale della «comunicazione unica»: basta una e-mail per iniziare (modificare e chiudere sarà possibile in un secondo tempo) un’attività imprenditoriale. Dal 20 agosto il servizio dovrebbe essere operativo su scala nazionale.

È un primo passo, anche se sorge un interrogativo: sarà possibile liberare l’economia dal «peso della carta»? Il presidente della Regione Claudio Martini è dubbioso. «Per quanto si possa fare a livello regionale e locale – ha detto recentemente – temiamo di essere schiacciati dalla mancanza di coordinamento e dalla pesantezza di rapporti con l’amministrazione centrale, Stato, Inps, Inail».

In conclusione, se non avvengono fatti nuovi, la storia continua. A pagare saranno ancora una volta le imprese.

Un blocco allo sviluppo dell’agricoltura toscanaUna richiesta per migliorare la stalla presentata nell’aprile 2002 è stata approvata nel giugno 2007. Tempi di autorizzazione biblici. Questo è soltanto un esempio dei 50 casi di malaburocrazia rilevati in tutta la Toscana dalla Cia. Una situazione ad handicap per le aziende agricole della regione contenuta nel primo dossier elaborato dalla Confederazione italiana agricoltori toscana.Le problematiche derivano dalle norme regionali, dalle disposizioni previste dai Piani territoriali di coordinamento delle province, dagli atti e comportamenti a livello comunaleDal dossier emergono casi eclatanti, spiega Marco Failoni, responsabile ambiente e territorio della Cia Toscana. «Dall’obbligo di rimozione forzata degli annessi agricoli – dice – alle richieste “esose” di fideiussione da parte delle amministrazioni comunali, come ad esempio, 11 mila euro all’anno per realizzare una cantina ed ampliare le superfici a vigneto e oliveto. Non mancano lunghi iter per la concessione di una autorizzazione e difficoltà nell’adempiere agli obblighi, come per la conservazione di cereali e mangimi. Problemi anche per gli agriturismo toscani con impossibilità di richiedere nuovi volumi per uso abitativo se non ricavandoli dalla riduzione dei volumi destinati all’agriturismo. Limitazioni anche per le installazioni di pannelli solari: si incentivano le forme energetiche alternative e poi si vieta il pannello solare in zone non paesaggistiche o in aree artigianali».

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