COSENZA Pippo Inzaghi e Bobo Vieri, non due attaccanti qualsiasi, pochi anni fa hanno ammesso il loro timore reverenziale ogni volta che, in campo, se lo trovavano davanti. Stiamo parlando di Ugo Napolitano, stopper napoletano che alla Calabria, in special modo a Cosenza e Reggio, deve molte delle sue fortune calcistiche, ma anche queste due realtà devono tanto a lui. «Napolitano – ha ricordato l’attuale allenatore del Pisa parlando con Vieri in una diretta Instagram del 2020 – mi ha fatto crescere. A Cosenza mi diede tante legnate…e così al ritorno ho deciso di dargli una mezza gomitata, le avevo sempre prese e pensai “se gli do una gomitata buttano fuori me”. Lo colpisco e gli apro il sopracciglio. Lui ha preso il sangue e me lo ha sputato addosso».
Un siparietto simpatico che al tempo stesso ha confermato le difficoltà che tra la fine degli ottanta e l’inizio dei ’90 anche i migliori bomber del Paese incontravano nell’affrontare il difensore biondo dal fisico statuario, considerato tra i più forti della serie B.
«Io li devo solo ringraziare – afferma oggi Napolitano al Corriere della Calabria – sentire dopo trent’anni due attaccanti del livello di Inzaghi e Vieri parlare in questo modo di me, non può che farmi piacere, vuol dire che qualcosa gli è rimasto impresso. Mi fa onore che Inzaghi abbia detto “Napolitano in quel momento mi ha fatto crescere”. Quella volta ha alzato un po’ il gomito e mi ha spaccato il sopracciglio, ma non lo ha fatto apposta. Io ho visto il sangue e me lo sono bevuto. Lui dice che l’ho sputato, non è così ma non fa niente, oggi ci ridiamo sopra». Napolitano in carriera ha vestito le maglie di Cosenza, Reggina e Catanzaro, rispettivamente per otto, tre e una stagione. Ma la città dei bruzi è quella a cui si sente più legato. «Cosenza – afferma – è la mia seconda casa, subito dopo viene Reggio Calabria. A Cosenza ci sono i miei due figli e i miei nipoti. È da 36 anni che vivo questa realtà, ora sono tornato dopo un periodo in cui sono stato lontano».
Lo scorso primo ottobre a molti ha fatto effetto vederla in tribunale insieme ai suoi vecchi compagni di squadra per la sentenza del processo Bergamini.
«Non potevamo mancare. È stata una vittoria sia per Donato che per la sua famiglia, in particolar modo per sua sorella Donata. Una donna speciale, stupenda, non so quante persone avrebbero lottato per più di trent’anni per avere giustizia come ha fatto lei. È venuta fuori la verità dopo tanti anni, ma ancora non è finita, ci saranno altri gradi di giudizio e bisogna lottare».
Accanto a lei c’erano Padovano, Urban, Simoni, Marino e De Rosa. Non vi siete mai persi.
«Siamo molto uniti, siamo come fratelli. Ancora dopo 35 anni ci sentiamo ogni giorno. A gennaio ci rivedremo fuori regione per un appuntamento speciale, saremo tutti i calciatori di quel Cosenza fantastico, stagione ‘87-88. Voglio un mondo di bene ai miei compagni di allora. Mi capita la stessa cosa con i calciatori della Reggina. Il nostro era un altro calcio, prevalevano i sentimenti e la sincerità».
Sta seguendo il campionato del Cosenza?
«Come no? Lo seguo sempre, non ho mai smesso di farlo. Sono un tifoso accanito. Quest’anno è molto penalizzato da questi quattro punti in meno in classifica, bisogna sempre rincorrere, bastano anche due pareggi di fila per trovarsi nelle posizioni calde. Ed è davvero un peccato perché la squadra non ha fatto male. Quando una rosa è giovane, non è facile gestire un fardello di questa portata, se non arrivano i risultati inizi ad aver paura».
Cosa pensa di Alvini?
«Mi piace, è un buon allenatore, ci mette l’anima, la squadra gioca abbastanza bene. Ma è normale che se non si vince le difficoltà aumentano. Ci sono dei limiti evidenti in organico, si fatica a fare gol, quello è il problema principale. Tante volte si dà la colpa alla difesa, ma se non si segna non è semplice mantenere l’equilibrio, prima o poi si subisce. Per avere degli attaccanti forti devi investire. Se si ha un obiettivo, bisogna spendere».
Si spende poco e si aumentano i prezzi dei biglietti. Che idea si è fatto della querelle biglietti del derby? Prezzi delle curve portati in poche ore da 30 a 19 euro.
«Così si prendono in giro i tifosi e non si fa così. In un periodo di difficoltà economiche come questo, tra l’altro nel pieno delle festività natalizie, non si possono mettere queste cifre per una partita di calcio. È vero che si tratta di un derby, ma non stai lottando per la serie A. Alla fine, dopo le giuste proteste dei tifosi, la società ha fatto bene a tornare sui suoi passi, però non ne è uscita affatto bene. Cosenza è una piazza capace di riempire sempre lo stadio se arrivano i risultati. Questa vicenda dei biglietti delle curve, una volta portati a 19 euro, poi a 16 e di nuovo a 19, e ora, seppure per poco tempo, a 30 euro, allontana la gente».
Napolitano però il biglietto lo fa sempre e comunque.
«Io pago sempre, tutte le partite del Cosenza le guardo dalla curva Nord. Non ho mai chiesto accrediti pur potendolo fare, non voglio disturbare i miei amici. Amo troppo Cosenza e la rispetto, ancora adesso se vado in mezzo al campo e calpesto l’erbetta del “San Vito”, mi tremano le gambe».
Lei qualche derby Cosenza-Catanzaro lo ha giocato.
«Sì, ma non ho mai vinto, ho pareggiato tanto. Nell’anno di Bruno Giorgi, ero l’unico titolare di una squadra che per dieci undicesimi non era cambiata rispetto alla stagione precedente, quello della promozione. Ricordo che al “San Vito” quell’anno (novembre del 1988, ndr) fui sostituito perché bisognava vincere e al 90’ a Cozzella venne annullato un gol regolarissimo. Il derby è sempre una partita speciale, poi tra le due squadre c’è una rivalità storica, mentre le gare con la Reggina sono state meno tese. Quello era il mio primo anno a Cosenza e mi sono reso conto subito dell’importanza della sfida per i tifosi. Non è stato facile gestire le emozioni».
Una rivalità che nel marzo scorso ha provocato degli incidenti.
«Quella è stata una follia di persone che col calcio non c’entrano nulla, ma ciò che non accetto è quello che ha fatto Iemmello nella partita di andata, prendendo in giro i tifosi del Cosenza. Io, se fossi stato in campo, non glielo avrei permesso, non lo avrei fatto neanche muovere, anche con il Var, anche a costo di prendere una lunga squalifica. Sei un professionista e non puoi permetterti il lusso di fare una cosa del genere, è una questione di rispetto, oltre che di buonsenso. Certi gesti provocatori sono pericolosi, soprattutto se fatti in partire del genere. Ai miei tempi in campo ce le davamo di santa ragione, ma c’era rispetto, a fine partita finiva tutto».
Che partita si aspetta il 26 dicembre?
«Non sarà semplice, ma il Cosenza deve vincere, non ha alternative. Io sarò lì a fare il tifo».
Una battuta finale sulla Reggina.
«Dispiace vederla in serie D, è una piazza che meriterebbe minimo la B. Per ritornare in alto la Reggina ha bisogno di persone innamorate della città e della squadra, come quando c’era il presidente Foti. Quella era una proprietà che viveva per i colori amaranto. Io Reggio l’avrò sempre nel cuore e gli auguro le migliori fortune». (f.veltri@corrierecal.it)
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