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Già nel corso del primo mandato, e proprio nell’anno della pandemia, Donald Trump aveva avviato le procedure per uscire dall’Organizzazione mondiale della Sanità, di cui gli Stati Uniti sono il principale finanziatore (hanno versato il 16% dei fondi complessivi nel 2022-23). Motivo? Subiva l’influenza della Cina, secondo l’allora presidente Usa, ed era sotto il suo controllo. E ora, a meno di un mese dall’insediamento, il team di transizione del tycoon, che il 20 gennaio inaugura secondo mandato, è intenzionato ad avviare nuovamente le procedure per lasciare l’agenzia come primo atto della nuova amministrazione.
L’indiscrezione arriva dal Financial Times: sempre al giornale finanziario britannico, fonti vicine a Trump hanno riferito che chiederà agli Stati membri della Nato di aumentare la spesa per la difesa al 5% del Pil e che, nonostante le minacce di tagliare gli aiuti durante la campagna elettorale, continuerà a fornire armi all’Ucraina. Ma il primo passo pare sarà quello di andarsene dall’organismo sanitario mondiale. Una decisione che secondo gli esperti avrà un impatto “catastrofico” e danneggerà la capacità degli Stati Uniti di affrontare eventuali emergenze sanitarie e crisi di salute pubblica come la pandemia di coronavirus. La scelta è sostenuta anche dal prossimo titolare per la Sanità, Robert F Kennedy, fortemente scettico nei confronti dell’Oms come altri componenti della squadra presidenziale. Da ricordare che Kennedy jr è noto per avere collegato i vaccini all’autismo, ha negato la scienza consolidata che dimostra come l’Hiv causi l’Aids e ha suggerito, senza prove, che il coronavirus ha preso di mira o, a seconda, risparmiato alcuni gruppi etnici.
“L’America lascerà un vuoto enorme nel finanziamento e nella leadership della salute globale. Non vedo nessuno che possa colmarlo”, ha dichiarato al Ft Lawrence Gostin, professore di salute globale alla Georgetown Law, aggiungendo che il piano di ritirarsi nel primo giorno del mandato sarebbe “catastrofico”. Gostin è però convinto che Trump non abbia la stessa urgenza di procedere in questo senso a differenza di alcuni uomini del suo team. Il processo di uscita dall’Oms, avviato dal presidente eletto nel 2020, non era mai stato portato a termine e Biden, una volta insediato a gennaio 2021, ha ripreso immediatamente i rapporti con l’agenzia. La rapidità con cui il team di Trump vorrebbe agire è legata al fatto di volere servire nel primo giorno alla Casa Bianca una scelta di rottura con l’amministrazione precedente. Ne è convinto Ashish Jha, ex coordinatore della risposta al Covid e preside della facoltà di sanità pubblica della Brown University, secondo cui uscire dall’Oms significa non riuscire a fare tempestivamente fronte alla prossima pandemia. Con l’addo degli Usa, ha spiegato al quotidiano, “ci saranno anni molto magri per l’Oms, che farà quindi fatica a rispondere alle emergenze sanitarie e dovrà ridurre notevolmente il suo personale scientifico“. E ha avvertito che senza il finanziamento statunitense, la Cina avrebbe esercitato una influenza maggiore sull’organismo. “Non sarebbe una mossa intelligente, poiché il ritiro cederebbe la leadership alla Cina“, ha detto. Al momento né il team di transizione né l’Oms hanno commentato quanto pubblicato dal Financial Times.
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