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Il fratello del duce
di
Rinaldo Battaglia *


Il 21 dicembre 1931, causa infarto, a Milano moriva improvvisamente Arnaldo Mussolini, il fratello del Duce. Fu un colpo mortale perch� quel fratello minore (2 anni in meno) gli era sempre stato fedelmente al fianco, lo aveva sostenuto in momenti difficili ed efficacemente �propagandato� tramite �Il Popolo d�Italia�, giornale in cui lo sostitu� come direttore quando il Duce divenne, con la Marcia su Roma, capo del governo.

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Arnaldo era un uomo di cultura, portato alla mediazione, di certo non punti di forza del fratello maggiore. E pi� volte furono proprio le sue capacit� oratorie e mediatrici a salvare il Duce, da problemi relazionali che questi si era cercato o creato. Come, ad esempio, subito dopo le ‘leggi fascistissime’ e il Concordato col Vaticano dell�11 febbraio 1929, quando il Papa Pio XI non volle accettare che l�educazione dei ragazzi in Italia fosse �patrimonio� esclusivo del partito fascista. Intervenne Arnaldo e in pochi mesi (16 settembre 1931) arriv� sulla carta ad un compromesso: i giovani cattolici potevano organizzarsi solamente all’interno dell’Azione Cattolica, senza svolgere alcuna attivit� politica. Sulla carta, perch� poi nei fatti l�accordo con la Santa Sede fu molto ridimensionato se non bloccato, ma le apparenze erano state salvate.

Ma Arnaldo Mussolini fu anche l�uomo degli affari �ombra�, l�uomo delle tangenti pi� o meno presunte, dello Scandalo Sinclair Oil, degli strani �business� del podest� di Milano Ernesto Belloni, di fatto la mano operativa di Arnaldo. Fu l�uomo del regime, tramite cui il Duce faceva gli affari sporchi e a cui nessuno si sarebbe permesso di fare nulla contro, perch� sarebbe stato come colpire il Duce direttamente. Roberto Farinacci, inizialmente antagonista di Benito Mussolini nel fascismo dei primi anni, lo cap� strada facendo e per non rischiare troppo si dovette fermare, sempre un attimo prima. Altri come Giacomo Matteotti non lo fecero e, nel caso specifico il 10 giugno 1924, ne pagarono il prezzo.

� fu probabilmente – sebbene, come � ovvio, non l’unico movente – lo scandalo Sinclair che cost� la vita a quello che allora risultava come il capo unico dell�opposizione parlamentare. Tutto era partito il 29 aprile 1924, quando il governo Mussolini concesse quasi di nascosto alla societ� petrolifera statunitense Sinclair Oil (importante colosso con alle spalle gente come la famiglia Rockefeller, affiliata alla Anglo Persian Oil, la futura British Petroleum) un�esclusiva per 50 anni per la ricerca e lo sfruttamento di tutti i giacimenti petroliferi presenti in Emilia e in Sicilia (poi ufficializzato col RDL n. 677 del 4 maggio 1924), esclusiva che strada facendo sar� poi annullata. Non solo: vi erano anche ulteriori agevolazioni su altre concessioni, anche nel Nord Africa italiano (alcune per 90 anni) e soprattutto una totale, assurda esenzione fiscale. Troppo quanto concesso e troppo a favore solo di una parte: l�altra. A danno dell�Italia.

Difficile pensare che fosse tutto alla luce del sole. Il primo a non credere questo �affare� fu proprio Giacomo Matteotti, che subito si dedic� con impegno alla vicenda. Qualche giornale, apparentemente ancora non �fascista�, come �Il Nuovo Paese� di Carlo Bazzi subito evidenzi� delle anomalie nell�iter che aveva portato alla convenzione con la Sinclair, mettendone in dubbio persino la legittimit�, definendola � come nell�articolo del 15 maggio 1924 dal titolo significativo: �Un edificante episodio sulla Convenzione “Sinclair” – un �tentativo compiuto incoscientemente di vendere il sottosuolo petrolifero d’Italia allo straniero�.

E quando, a neanche 6 anni dalla Grande Guerra, si usava il termine �vendere il territorio allo straniero� si toccavano argomenti forti e nervi ancora troppo scoperti.

Intervenne direttamente cos�, gi� il 16 maggio, la �Presidenza del consiglio� in �difesa pubblica� con tanto di nota pubblicata dal medesimo giornale e, fino al rapimento di Matteotti, pi� nessun altro giornale ne parler�. �Il Nuovo Paese� ritorner� in argomento solo il 13 giugno, tre giorni dopo che, in quel 10 giugno, Giacomo Matteotti aveva programmato un suo discorso in Parlamento con tanto di documentazione ed atti compromettenti. Documentazione ed atti che, a sentire i suoi pi� stretti collaboratori, erano contenuti nella borsa che il leader socialista aveva in mano quando un gruppo dei fascisti (Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo al comando di Amerigo Dumini) lo sequestr� prima che arrivasse in Parlamento.

Renzo De Felice, il grande storico di Mussolini, ha sempre sostenuto che quella borsa fu presa da Dumini stesso e prima del suo arresto (12 giugno) questi l�abbia consegnata personalmente al capo della Polizia, Emilio De Bono, che la conserv� per vent’anni. De Bono era un uomo di fiducia �totale� del Duce, almeno fino al 25 luglio 1943. Anzi, sia De Felice che altri storici o politici (come Guglielmo Salotti, Marcello Staglieno, Fabio Andriola e Matteo Matteottii) confermerebbero che De Bono – dopo esser stato condannato a morte con Galeazzo Ciano a Verona con l’accusa di alto tradimento – avesse consegnato quei documenti proprio al Duce contro la promessa (vera o presunta non si sa) di avere in cambio salva la vita.

Due cose sono certe per�: De Bono venne ugualmente fucilato e quei documenti vennero trovati dai partigiani a Dongo al momento della cattura del Duce, il 27 aprile 1945, mentre scappava in Svizzera. Sarebbero stati l� sequestrati ed inventariati. Ma come parte dell�oro di Dongo, non furono mai pi� trovati. Altro mistero su un mistero.
Forse i ladri non erano solo da una singola riva del fiume.

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Ma quei documenti non erano gli �unici� elementi depositari di quella verit� o presunta tale. Nel 1933 Amerigo Dumini scrisse un documento (sar� pubblicato anche su Il Ponte, anno XLII, n.2, marzo-aprile 1986, pp. 76-93.) in cui espressamente indic� �il coinvolgimento diretto di Arnaldo Mussolini� nell�affaire Sinclair. Se ne era gi� occupata a guerra finita la magistratura, ma la Corte di Assise di Roma il 4 aprile 1947 si ferm� nel delitto Matteotti solo all�aspetto �politico�. Ma, in seguito, ulteriori ricerche condotte anche da un altro affermato storico, come Mauro Canali nel 1997 (da �Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna, Il Mulino), arrivarono alla conclusione che �Benito Mussolini avesse dato l’ordine di assassinare Matteotti ai suoi sicari proprio per impedirgli di denunciare le tangenti davanti alla Camera�.

Anche Matteo Matteotti, il figlio di Giacomo, ha pi� volte dichiarato di esser sempre stato convinto che l�assassinio del padre fosse dovuto a quanto avesse provato di irregolarit� nell�affaire Sinclair, ma and� anche oltre: non solo tirando dentro la famiglia Mussolini, ma anche direttamente il Re Vittorio Emanuele III. E forse fu questa scoperta la �causa decisiva� della morte del grande oppositore del fascismo, l�ultimo ostacolo verso la dittatura completa e totale.

E se nel delitto Matteotti le vere cause non sono mai state definite, restano pi� facili da capire invece altri scandali �finanziari� all�interno del mondo fascista milanese. Pi� volte Roberto Farinacci � ad esempio – contest� al Duce una gestione finanziaria allegra nel comune di Milano da parte del podest� Ernesto Belloni (1926-1928), �lunga manus� del potere in citt� di Arnaldo Mussolini. Farinacci accus� che il Comune in quegli anni avesse creato un buco di oltre 700 milioni (una montagna di soldi), mentre il patrimonio personale del podest� parallelamente era aumentato a dismisura.

Belloni era entrato con quote societarie in oltre 20 aziende di interesse strategico e ovviamente acquisendo subito un relativo posto nei Consigli di amministrazione. Poi � oggi lo chiameremmo �illegale conflitto di interessi� � quelle societ� avrebbero sistematicamente ottenuto contratti �molto generosi� dal Comune di Milano. Gli storici Mauro Canali e Clemente Volpini ne parlano in maniera esaustiva e documentata in �Mussolini e i ladri di regime (Mondadori � 2019).

E appunto perch� era una bega all�ultimo sangue tra Il Duce e il ras Farinacci – che non voleva restare ai margini del regime dopo il suo �lavoro� iniziale � documenti e prove non mancano. Nel 1928 sempre il Comune di Milano, controllato dal duo Ernesto Belloni (parte ufficiale) e Arnaldo Mussolini (parte nascosta per conto anche del fratello ovviamente) acquis�, per coprire il buco di bilancio, un finanziamento di 600 milioni di lire � un’altra grande montagna di soldi � dalla banca Dillon, Read & Co. Uomini del fascio (come Mario Giampaoli) sostennero che Belloni avesse intascato una maxitangente, per preferire questa banca rispetto ad un�offerta pi� vantaggiosa nei costi da parte della J.P.Morgan & Co. In poco tempo dal Duce arriv� la cacciata dal partito di Giampaoli e la sostituzione di Belloni (con la scusa che venne candidato ed eletto deputato), per tener buono Farinacci e calmarlo con le buone.

Ma questo non avvenne, anzi uomini di Farinacci (istruiti dal �ras�) continuarono ad insistere che Belloni e Arnaldo Mussolini (non si spinsero mai oltre al fratello) avrebbero diviso tra loro quella tangente e la quantificarono in ben 5 milioni di lire. Lasciando qualcosa, peraltro, anche al Giampaoli (e cos� anche questo sarebbe stato �ripagato� per il suo �passaggio� dal �gruppo Farinacci� al gruppo pi� forte dei �Mussolini�).
Interverr� ancora il Duce con alcune promozioni e cacciate dal partito e soprattutto col rientro di Roberto Farinacci nel suo �cerchio magico�.

Farinacci sar� in breve assolto da tutti i mille processi che aveva contro per l�Italia, sar� poi confermato alla Camera dei deputati – prima a totale rischio – e riammesso nel Gran Consiglio del Fascismo. Anzi sar� Farinacci a gestire molti affari di �de-patrimonializzazione� (ossia furto) di importanti famiglie ebraiche dal 1938. Essere assieme e non contro il Duce, serviva. Eccome. E della maxitangente dei cinque milioni non se ne parl� pi�. Figuriamoci.
Quando politica, regime e furti hanno lo stesso infimo significato.

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Poi, in quel 21 dicembre 1931, Arnaldo mor� e nessuno os� pi� �dubitare� di certe strane anomalie del fratello, ad uso personale e tanto meno ad uso �familiare�. In Italia, anni dopo, del fratello del Duce si perse la totale conoscenza, almeno a livello nazionale. Il nome ritorn� a galla solamente nell�agosto 2021 quando � presente Matteo Salvini – l�allora del sottosegretario all’Economia, il leghista Claudio Durigon (e oggi sottosegretario al ministero del Lavoro), propose di re-intitolare, nella sua Latina, il nome del prestigioso parco cittadino da �Falcone e Borsellino� proprio ad Arnaldo Mussolini. Nacquero accuse e perplessit� che comportarono alle dimissioni del sottosegretario, che l�anno dopo venne comunque rieletto e rinominato sottosegretario nel governo Meloni.

Per adesso anche a Latina quel parco resta dedicato ancora ai due magistrati � limpidi ed onesti – di cui per l�eterno in Italia saremo debitori, e non a quell�uomo del regime, del quale non si pu� dire altrettanto. Ma durer�? Siamo pur sempre nell�Italia post-fascista, poco post e molto fascista.

Ma del resto lo aveva detto anche un ex-senatore in occasione dell�ultima ricorrenza della Liberazione (sen. Domenico Gramazio di FdI come da articolo su Repubblica): �Il 25 aprile? Diciamolo, � un po� una rottura di scatole. Noi festeggiamo la liberazione dal nazismo, eh. Mica dal fascismo.�

Italia 2024 o 1924? E per la serie �Il tempo che torna indietro� � tutto, chiudo il collegamento e vi cedo la linea.

21 dicembre 2024 – 93 anni dopo

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell’Osservatorio

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