Riforma della giustizia e separazione delle carriere, ecco perchè lo sciopero dei magistrati è autoreferenziale

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Le riforme costituzionali della giustizia, separazione delle carriere e avvocato in costituzione 

 

Il legislatore è impegnato a legiferare, in due riforme della Carta fondamentale che riguardano l’equilibrio del rapporto processuale e la equidistanza dalle parti dal terzo giudicante, la separazione delle carriere di Giudice e Pubblico Ministero e l’Avvocato in Costituzione: la prospettazione delle riforme, correlative e speculari l’una all’altra, suscita reazioni e perplessità. Della separazione delle carriere si discute fin dalla entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, improntato al sistema accusatorio, che pone le parti processuali sullo stesso piano di parità tra pubblico accusatore e difensore.

L’attuazione della distinzione delle carriere comporta modifiche costituzionali e istituzionali; per cui l’iter parlamentare, che richiede una maggioranza qualificata,  deve certamente superare la soglia del referendum confermativo. Come previsto l’attuazione della riforma ha destato la reazione della Magistratura associata che ha assunto un atteggiamento “fortemente negativo” sulla riforma della Costituzione e dell’Ordinamento Giudiziario, dalla quale deriverebbe “un indebolimento delle garanzie e dei diritti dei cittadini”, avviando un movimento di mobilitazione, in difesa della indipendenza della Magistratura, indicendo manifestazioni di protesta e, in caso di prosieguo dell’iter approvativo, di una o più giornate di sciopero.

La libertà di manifestazione del pensiero, anche e soprattutto di critica può, anzi, in un assetto democratico, deve essere consentita a chiunque, costituendo la parola l’essenza stessa della vita, anche e soprattutto agli organismi istituzionali e associativi. Ma la prevista proclamazione dello “sciopero” dei Magistrati, con l’astensione dalla attività giurisdizionale, pur adottando le limitazioni e le garanzie dello sciopero nel servizio pubblico, appare tautologicamente un ragionamento discorsivo autoreferenziale.

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Nello Stato moderno, articolato con la suddivisione dei poteri, spesse volte travalicata, i tre poteri, legislativo, esecutivo, giudiziario, confluiscono nella unitarietà dello Stato. La “rivolta” di un “potere” avverso l’altro, specialmente contro quello legislativo che rappresenta la volontà espressa dal popolo, appare come attacco all’interno di componente dello Stato, contro lo Stato stesso, compromettendone l’unitarietà. Per maggiore specificazione il diritto di sciopero, seppure costituzionalmente previsto e garantito, è disciplinato con legge nei servizi pubblici essenziali, nei quali prestano le attività lavoratori, impiegati privati e pubblici, esteso anche ai lavoratori autonomi;  ma quella della Magistratura è una “funzione” pubblica, non un servizio pubblico e i Magistrati, che sono pubblici dipendenti solo e limitatamente all’inquadramento professionale, sotto l’aspetto dell’esercizio della giurisdizione, in attuazione del libero convincimento, non sono assoggettati a nessuno, fuorchè alla legge.

L’avvocato, unica professione citata nella Carta Costituzionale, nella previsione di soggetto costituzionale a fianco della Magistratura, nel Titolo relativo alla Giurisdizione, da un lato valorizza il valore della difesa, come diritto e come garanzia, peraltro già rafforzata con l’attuazione del giusto processo essendo dichiarata indefettibile, obbligatoria, inviolabile e irrinunciabile; dall’altro, per salvaguardare la autonomia e indipendenza della Avvocatura, occorre precisare nella eventuale riforma, per preservare la funzione difensiva tecnica, vengano rispettate tali prerogative, per scongiurare il pericolo, che si pone soprattutto con la presenza obbligatoria nel processo penale del difensore di ufficio, in mancanza di nomina fiduciaria, di rendere assimilabile la funzione difensiva a quella di un funzionario pubblico che esercita una funzione pubblica, tramutando in “difensore di ufficio” in “difensore dell’ufficio”.

Piero Calamandrei scriveva: “Solo nella libera professione, che ha come perno la scelta e la fiducia personale del cliente nel suo difensore, l’avvocato può trovare l’autorità morale necessaria per esercitare in mezzo al popolo quella funzione di araldo della giustizia, che è, in sostanza, una quotidiana esaltazione dello Stato”.

 


 



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