Per Natale c’è il pacchetto armi. Gara di atlantismo Meloni-Pd – infosannio

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Il consiglio europeo – La premier parte per Bruxelles, lunedì in Cdm arriva il decreto che ribadisce il sostegno a Kiev per tutto il 2025

(Di Wanda Marra – ilfattoquotidiano.it) – “In Europa Giorgia Meloni fa la moderata e costruisce relazioni. Qui parla alla pancia dei suoi”. Alla fine del dibattito in vista del Consiglio europeo, Alessandro Alfieri, senatore dem rappresentante dell’ala atlantista del partito, al Fatto la racconta così. Perché nell’aula del Senato pochi minuti prima, la premier, intervenendo in vista del Consiglio europeo, ha scelto proprio lui come bersaglio, reo di aver svelato il fatto che Fitto “fosse preso come ostaggio per avere il commissario spagnolo” (copyright, Giorgia Meloni), Teresa Ribera. Alfieri, in realtà, si era limitato a ricostruire gli eventi: “Lei ha potuto dire ‘missione compiuta’ perché c’è stato un partito che in Europa si è caricato della responsabilità: i nostri 21 voti sono stati decisivi per mandare avanti la Commissione. Avevamo posto dei problemi politici e il Partito popolare europeo ha giocato tutta una partita nazionale per mettere in difficoltà gli spagnoli”. Fuochi d’artificio della Meloni, per smentire da una parte l’accusa di essere al servizio degli States (“Musk è mio amico, ma non prendo ordini da nessuno”, risponde a Monti), dall’altra per non farsi eccessivamente scavalcare in atlantismo. Con Matteo Renzi ha gioco più facile: il suo riferimento negli States era Obama, uno dal quale lei non ha problemi a prendere le distanze. Quando lui le chiede conto dei suoi rapporti con Milei, dunque, affonda: “Lei era amico di Obama e si metteva il cappotto come lui, io sono amica di Milei ma mica mi faccio crescere le basette…”. Il botta e risposta tra i due va avanti per tutta la giornata. Ma questa è un’altra storia, che ha a vedere soprattutto con il tentativo dell’ex premier di accreditarsi con il centrosinistra e le “vendette” della Meloni di riflesso (vedi la cosiddetta norma anti-Renzi).

I fatti, però, parlano. Ieri Guido Crosetto al Copasir illustra il decimo pacchetto di armi. Lunedì il Consiglio dei ministri varerà il “decreto ombrello”: quello che consentirà di ribadire il sostegno all’Ucraina per tutto il 2025, con un unico voto del Parlamento (a inizio anno), prevedendo per i singoli invii solo passaggi (secretati) in Copasir. Non solo. Lo stesso ministro della Difesa ha aperto ufficialmente al 2% nel Pil per le spese militari. Un modo per andare incontro a Donald Trump che – in vista di un disimpegno degli Usa – spinge perché l’Europa aumenti il proprio impegno bellico. Infatti, la dichiarazione di voto in aula è affidata a Giulio Terzi di Sant’Agata, il più atlantista di Fratelli d’Italia, che dice: “L’unico modo di difendere la pace è non abbandonare l’Ucraina. Difendere l’Ucraina significa difendere la loro come la nostra libertà”.

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Ma per tornare ad Alfieri, non è casuale che proprio lui finisca nel mirino della premier. Proprio per quel che dice sulla Difesa europea: “Bisogna spingere e bisogna fare debito comune, insieme alla transizione ecologica e digitale, per portarla avanti”. Un’affermazione forte, se confrontata a quanto detto da Elly Schlein alla Camera il giorno prima. “Siamo favorevoli alla difesa comune europea”, ma “non accetteremo di sostituire il Next Generation Eu con dei bond europei dedicati unicamente alla spesa militare”. Proprio su questo punto tra i dem, scrivendo la Risoluzione, c’era stata una certa discussione. Tanto che il riferimento alla difesa europea resta, ma il più vago possibile. Anche la segretaria del Pd gioca su due piani (l’atlantismo e l’anti-atlantismo) visto che sa benissimo che in Europa i paesi baltici e i cosiddetti frugali sono disponibili a fare debito comune solo per la Difesa.

E intanto, la versione Atreju e la versione istituzionale della premier fanno cortocircuito per tutto il giorno: perché davanti all’affermazione della senatrice dei Cinque Stelle, Dolores Bevilacqua, che la accusa di essere il “maggiordomo dei tavoli che doveva ribaltare”, la premier contrattacca sui costi del Superbonus. E quasi scoppia la rissa. Il nervo scoperto è sempre quello.



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