La filiera italiana della pelle ancora in crisi. Atteso un 2024 a -8,1%

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Si conferma negativo il 2024 della filiera italiana della pelle. Il terzo trimestre del comparto si è concluso in flessione del 9% per i quattro settori rappresentati (calzaturiero, pelletteria, pellicceria e concia), e le proiezioni per l’intero anno stimano una chiusura dell’8,1%, in linea con il primo semestre (-8,2 per cento). Complessivamente il fatturato della industry si è attestato a 30,1 miliardi di euro, suggerendo “un calo nel quarto trimestre meno pronunciato”. A scattare la fotografia del comparto, da tempo sofferente, è Confindustria Accessori Moda, rappresentativa della filiera della pelle (includendo AssocalzaturificiAssopellettieriUnic e Aip).

La contrazione del settore è il risultato di “un complesso intreccio di fattori economici e geopolitici che incidono profondamente sulla performance delle imprese”. Tra questi, l’instabilità geopolitica del contesto attuale, il rallentamento in mercati chiave come Cina e Germania, e le difficoltà di accesso al credito, che ostacolano nuovi investimenti aziendali.

Anche i dati sulla produzione industriale delineano un quadro particolarmente critico: secondo l’indice Istat della produzione industriale, la categoria Ateco che identifica i lavoratori della pelle ha registrato una flessione del 16,1% nei primi nove mesi del 2023. Nel corso del 2024, il calo ha mantenuto valori a doppia cifra per ogni mese, con un’unica eccezione ad agosto, quando l’attività produttiva è cresciuta del 2,2% rispetto all’anno precedente, per poi bruscamente interrompersi a settembre con una contrazione del 19,6% nei livelli di attività.

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Nei nove mesi l’export ha subito una contrazione dell’8,5%, con un fatturato che si attesta a 16,7 miliardi di euro. Tra i mercati dell’Unione Europea, la situazione è eterogenea: se la Francia, primo mercato per il settore, ha mostrato una flessione contenuta dello 0,9%, segno di una domanda ancora relativamente stabile, al contrario la Germania ha registrato un calo del 3,6%, riflettendo le difficoltà economiche che il Paese sta attraversando. Di segno opposto i dati di Spagna (+9,1%) e Polonia (+4,6%), che costituiscono un’importante nota positiva in un quadro europeo sfidante.

Il calo produttivo si riflette anche sul fronte occupazionale, caratterizzato da un “notevole ricorso agli ammortizzatori sociali”. Dopo un 2023 caratterizzato da un “modesto recupero” (+1,8%), i dati dei primi nove mesi del 2024, elaborati su fonte Infocamere-Movimprese, indicano una contrazione di circa 4.800 posti di lavoro (-3,3%) rispetto a dicembre 2023. In parallelo, il numero totale di aziende attive nel settore (industria e artigianato) a fine settembre si è ridotto a poco più di diecimila unità, segnando una flessione del 3,2% rispetto al 2023, pari a 330 imprese in meno.

Cresce anche l’impiego degli ammortizzatori sociali: nel terzo trimestre del 2024 ben il 35,9% delle aziende ha fatto ricorso alla cassa integrazione, una percentuale in crescita rispetto ai primi due trimestri dell’anno, quando il ricorso era stato rispettivamente del 28% e del 33,3 per cento. A confermare i dati anche i numeri diffusi dall’Inps: 26 milioni di ore nei primi 9 mesi del 2024, con un aumento del 139,4% rispetto ai 10,9 milioni dello stesso periodo del 2023.

“Anche il 2024 – commenta Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria Accessori Moda – è stato un anno difficile per le nostre imprese e la situazione economica non mostra importanti segnali di miglioramento immediato. Tuttavia, siamo fiduciosi che con il giusto sostegno sia possibile avviare un percorso di recupero. Come Confindustria Accessori Moda siamo al fianco delle nostre aziende e dei lavoratori, che stanno affrontando sfide quotidiane, ma è fondamentale che anche il Governo continui a supportarci con misure concrete, come quella del 5 dicembre scorso, quando è stato approvato un emendamento con cui si garantisce a tutti i lavoratori delle aziende moda fino a 15 dipendenti un sostegno al reddito”. È stata appena estesa, infatti, la cassa integrazione a tutto il comparto moda, con l’integrazione dei settori metalmeccanico e pellettiero.

Sottolineata dalla presidente anche l’esigenza di “una revisione delle scadenze dei finanziamenti ricevuti durante la crisi Covid, per dare respiro a chi sta lottando per non chiudere. Con il giusto sostegno, possiamo superare anche questa fase e continuare a promuovere l’eccellenza del made in Italy”.



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