Mi chiamo Vieri (per gli amici Bobo) e sono un attaccante della squadra Juniores del San Miniato. Se quest’anno ho ricominciato a giocare dopo un periodo di inattività e mi sto divertendo tantissimo lo devo al torneo “Dudo Casini”, che per chi non è senese e non conosce il mondo che gira intorno al palio potrebbe sembrare una roba da sfigati. Invece per noi di Siena il torneo “Dudo Casini” è l’appuntamento calcistico più bello dell’estate. Dura un mese, e ognuna delle 17 contrade partecipa con una squadra di calcio a 11. Ovviamente vincere con la propria contrada il torneo “Dudo Casini” è un’emozione infinitamente meno importante rispetto al palio in piazza del Campo. Però il clima da palio c’è anche quando le contrade si confrontano sul campo di calcio: fra l’altro le semifinali e la finale ogni estate si giocano allo stadio Franchi, con una cornice di pubblico accesa e numerosa. Devo ringraziare appunto il “Dudo Casini” perché nell’estate scorsa la mia contrada, l’Aquila, mi chiese di entrare in squadra per fare il torneo. Io avevo appeso le scarpette al chiodo da qualche mese. Venivo da un campionato molto faticoso, con gli Allievi Elite, nel Valentino Mazzola. Tante pressioni, un ambiente troppo ossessionato dal risultato e troppo carico di tensione e di nervosismo. Non ce la facevo più, sentivo il bisogno di staccare e di ritrovare una dimensione più piacevole e più gioiosa della vita, scuola a parte. E devo dire che staccare la spina con il calcio mi aveva anche fatto bene, nel senso che dedicandomi più attivamente alla vita sociale extracampo mi aveva fatto ritrovare la serenità e il sorriso che negli ultimi tempi giocando a calcio avevo perso. Non sentivo assolutamente il bisogno di ricominciare a giocare. Nella mia testa il torneo “Dudo Casini” con la mia contrada doveva restare una parentesi di gloria da ex calciatore. Solo che fra i tanti curiosi che ogni estate affollano gli spalti del torneo di calcio delle contrade c’era anche mister Pierpaolo, nuovo allenatore del San Miniato, che mi conosceva, mi vide giocare e venne a salutarmi. Non appena seppe che avevo smesso di giocare a calcio a livello ufficiale gli occhi gli brillarono di speranza e cominciò molto abilmente a corteggiarmi, riuscendo in poco tempo a farmi cambiare idea e a farmi tirare giù gli scarpini dal chiodo dove le avevo appese troppo presto. Mister Giampaolo mi ha convinto non tanto con le sue parole ma con il suo stile: ho subito riconosciuto in lui un allenatore giovane e soprattutto pacato, non ossessionato dai risultati ma al contrario capace di trasmettermi serenità e buonumore. E così eccomi qui nel San Miniato, di nuovo a correre e a divertirmi giocando a calcio come non mi capitava più da tanto tempo. Ho dovuto avere un po’ di pazienza nel ritrovare piano piano la confidenza col pallone che avevo perso nell’anno lontano dai campi di gioco: nei primissimi mesi è stata dura, ma da qualche settimana a questa parte ho ricominciato a trovare le sensazioni migliori con la palla fra i piedi, a “sentire la porta”, come diciamo noi attaccanti. E anche i miei compagni sono cresciuti di rendimento insieme a me: ora ci troviamo a metà classifica dopo aver risalito diverse posizioni, e speriamo ovviamente di non fermarci.
Sono un attaccante esterno a cui piace fare su e giù per la fascia, e capace di segnare anche da centrocampo (due anni fa mi è successo per davvero!). Sono un giocatore di cuore, non solo perché mi piace correre e tornare ad aiutare i miei compagni in difesa. Sono uno di cuore anche perché vivo di sentimenti, soprattutto di sentimenti belli, quelli che ti portano a fare gruppo anche con chi è diverso da te. Per questo mio lato sentimentalone ho accettato volentieri l’invito della società a partecipare al progetto della Figc che ci porta due volte al mese a giocare a calcio con i ragazzi disabili cognitivi dell’associazione Le Bollicine. Mi sono divertito tantissimo in questo allenamento speciale con due miei compagni di squadra e con i ragazzi speciali che ci hanno accolto nel loro allenamento del venerdì insieme al loro staff tecnico: il bello di questi ragazzi è l’agonismo che ci mettono, e al contempo le battute di spirito che ti regalano fra un’azione e l’altra; il modo di arrabbiarsi di alcuni di loro faceva sorridere me e i miei due compagni del San Miniato, ma allo stesso tempo ci dava la carica per non deluderli e per aiutarli a vincere la partitella (che per loro tanto partitella non era, anzi, ci tenevano tantissimo). Sono contento di partecipare a questi allenamenti speciali perché sentiamo che la nostra presenza aiuta a rendere questo momento di gioco dei ragazzi delle Bollicine ancora più bello. E poi sono contento perché sento che questi momenti di vita insieme ai ragazzi disabili fanno bene a me. Tutti noi siamo autoconvinti di essere delle persone più o meno generose e attente alle persone più deboli. Ma lo siamo davvero? Più che le parole contano i fatti. Anche la sensibilità e la capacità di stare insieme con chi è diverso vanno allenate, così come la tecnica e la condizione fisica nel calcio. Penso che gli episodi estremi di bullismo e di prepotenza contro chi è più debole dipendano da questa mancanza di allenamento alla bontà e allo stare insieme con le persone più fragili. Questo allenamento speciale ci aiuta a riscoprire cos’è che nella vita conta davvero, e ci rende un po’ più sensibili di prima nel prenderci cura di chi ha bisogno, combattendo ogni forma di ghettizzazione. Durante l’allenamento Marco, il responsabile della squadra di calcio delle “Bollicine”, ci parlava dei tornei di calcio integrato: tornei di calcio dove ragazzi speciali e ragazzi normodotati giocano nella stessa squadra. Sarebbe bello a fine stagione coronare questo gemellaggio fra Bollicine e San Miniato juniores unendoci anche per partecipare a uno di questi tornei, e provare l’emozione di scendere in campo con la stessa maglia (dopo aver fatto le prove ed esserci preparati a dovere) e diventare a tutti gli effetti una squadra sola.
by Tommaso Giani
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