Chi vuole far scomparire il Molise

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Nei giorni scorsi abbiamo avuto un cordiale colloquio con il dottor Giancarlo Pozzo, promotore della petizione per annettere la provincia di Isernia all’Abruzzo. L’iniziativa ha raccolto numerosi consensi: le firme sono 5.200, non poche per una provincia che ha 78mila residenti. Solo a Venafro ne sono state raccolte un migliaio.

Il dottor Pozzo, emiliano con madre molisana, ci ha illustrato in modo molto dettagliato le ragioni di questa proposta che parte “dal basso” e che trova ragione principalmente nel fallimento della classe politica molisana, dal momento che la regione da aspirazioni quale “isola felice” si trova oggi in una crisi profonda che investe tanti settori, dall’economia alla sanità.

Emblematici, in particolare, i dati demografici: il Molise continua a perdere abitanti e viaggia ormai intorno ai 280mila residenti, molti tra l’altro trasferiti altrove e che conservano la residenza principalmente per ragioni fiscali. Il debito pubblico regionale, ci fa sapere il dottor Pozzo, ammonta ormai a circa 800 milioni di euro.

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Da una parte, come orgogliosamente molisani, dispiace imbattersi in una petizione che di fatto vuol mettere la parola fine alla regione Molise quale istituzione, dopo oltre 60 anni di esistenza (in effetti, ignorata ancora da tante persone) e tante precedenti battaglie negli anni Cinquanta. Perdere l’istituzione equivale a scomparire del tutto anche in quelle occasioni in cui sono presenti tutte le venti regioni.

Il problema principale è che il Molise è una regione molto piccola, prevalentemente montuosa, estranea ai grandi flussi comunicativi e turistici. E sin dalla sua istituzione, è apparso anomalo un consiglio regionale che gestisce una comunità più piccola di un municipio romano. Analogamente molti uffici sono diventati un volano di clientelismo e, molto spesso, di inutilità. Gli sperperi sono innegabili, i risultati sotto gli occhi di tutti, a cominciare dai ritardi infrastrutturali – dalle strade alle ferrovie – a cui si è aggiunta anche la penuria idrica, un paradosso per un territorio un tempo molto ricco di sorgenti e fiumi.

Ma, ci si domanda: buttare tutto all’aria e tornare dai “cugini” abruzzesi può essere la soluzione?

Ad esserne convinti sono soprattutto i “molisani di frontiera” con l’Abruzzo, i quali rilevano ben altra condizione economica e sociale nel territorio limitrofo. Esemplare il caso del Parco nazionale, con la sponda molisana decisamente penalizzata rispetto a quella abruzzese. I tanti paesetti molisani, svuotati dall’emigrazione, sono caratterizzati dalla sopravvivenza e dalla “resistenza” da parte degli ultimi abitanti. E non sono decollati nemmeno i due capoluoghi di provincia: Isernia, provincia dal 1970, ha più o meno mantenuto lo stesso numero di abitanti, nonostante l’apertura di tanti uffici pubblici; Campobasso, nonostante l’università, resta una piccola città di provincia, piena di problemi. Non a caso l’annuale indagine del Sole 24 Ore sulla qualità della vita, condanna le due province molisane abbastanza in fondo alla classifica.

Ma il risentimento dei cittadini è frutto principalmente della sfiducia verso la politica regionale. I pochi parlamentari hanno fatto davvero poco per il Molise, anche perché raramente hanno avuto incarichi di governo. I consiglieri regionali non hanno spiccato per iniziative davvero risolutive dei tanti problemi in campo; spesso hanno agito tenendo presente soltanto il proprio “feudo” elettorale (“il campanile”), gestendone l’ordinaria amministrazione tra strade da asfaltare e qualche festa patronale.

Tra i molisani, quindi, prevale la disillusione. Un atteggiamento indubbiamente atavico, ma che oggi è alimentato da una vera e propria desertificazione demografica.

Torna d’attualità uno dei principali auspici originari di “Forche Caudine”, evidenziato sin dal nome scelto negli ormai lontani anni Ottanta: ricreare la regione Sannio, cominciando con la “riunificazione” della provincia di Benevento al Molise. Con l’aggiunta di altri piccoli territori in Abruzzo, Campania e Puglia si sarebbe raggiunto quel milione di residenti che avrebbe assicurato ben altre prospettive alla nuova regione, tra l’altro con forti radici storiche e identitarie (un conto è la civiltà sannita, un altro è il Contado di Molise).

Oggi, lo rileviamo qui a Roma, verso la terra d’origine – di un’origine sempre più sfocata con il passare delle generazioni – c’è un diffuso atteggiamento di indifferenza. Per molti, avere conservato l’abitazione degli antenati è più un problema che un valore, a causa delle crescenti spese e dell’impossibilità di vendere (alcuni paesetti sotto i mille abitanti hanno anche oltre cento abitazioni in vendita).

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Può essere questa la soluzione? Non lo sappiamo. Di certo il messaggio che arriva dalle migliaia di firme e che mette in discussione tante cose è molto deciso. L’astensionismo alle elezioni si somma ad un vero e proprio atto di sfiducia verso la politica molisana. In fondo è questo il prezzo da pagare al dilettantismo di tanta politica.



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