L’eccellenza italiana che rende il 9,44%. Ecco il Cash Collect di M.S.

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L’anno finisce, è tempo di bilanci e di programmazione per il futuro. Per chi ha investito in azioni il 2024 si avvia verso una chiusura gloriosa: a Milano l’indice Ftse Mib segna un rialzo del 14% Ytd, mentre a New York l’S&P 500 è in guadagno del 27% Ytd. Quindi, a meno di scelte individuali azzardate, chi ha utilizzato i più diffusi strumenti d’investimento (fondi azionari o bilanciati) ha ampi motivi di soddisfazione, che però subito si trasformano in dubbi e preoccupazioni guardando al 2025.

In Europa le incertezze sono tante: la crescita nella zona euro per l’anno prossimo è prevista a livelli minimi (+0,5%), e in più incombono i rischi legati alle difficili situazioni politiche dei due Paesi principali, Germania e Francia. Per non parlare delle continue minacce da parte della Russia di Putin, con tutte le conseguenze che possono avere sui costi delle materie prime e dell’energia.

In America la violenza del rialzo dei tech fa temere che prima o poi si arrivi a un ridimensionamento delle quotazioni. Nei giorni scorsi l’S&P500 e il Nasdaq sono saliti grazie alla spinta di una minoranza di titoli. Ed Yardeni, presidente dell’omonimo Ufficio di Research, sostiene che la mancanza di ampiezza del rialzo potrebbe essere motivo di preoccupazione.

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Goldman Sachs rassicura dicendo che l’AI dovrebbe essere il trigger principale anche nel 2025, con il sentiment positivo che favorirà la crescita anche dei settori ciclici e legati ai beni di consumo discrezionali a scapito di quelli difensivi. La previsione è che l’S&P500 salirà del +7% a 6.500 punti entro la fine del 2025.

A fronte di questa previsione da parte di una delle più blasonate banche d’affari al mondo, ci sono strumenti di investimento che si illuminano tanto sono interessanti. Prendiamo per esempio l’ultimo certificato emesso in Italia da Morgan Stanley, il Cash Collect con ISIN DE000MS0H0C0 che investe su tre sottostanti di grande qualità: Unicredit, Intesa Sanpaolo ed Eni. Questo prodotto presenta un rendimento potenziale annuo del 9,44% e offre una notevole protezione del capitale, grazie a una barriera posta al 55% degli strike sia per le cedole che a scadenza.

Vale decisamente la pena approfondire.

Lanciato sul mercato lo scorso 5 dicembre a un valore nominale di 1.000 euro, il certificate con ISIN DE000MS0H0C0 è oggi acquistabile sul mercato secondario a 1.022 euro, un prezzo che riflette solo in parte i rialzi messi a segno da Unicredit (+1,8%) e Intesa Sanpaolo (+3,7%) rispetto ai Valori iniziali, ovvero ai prezzi di chiusura dello scorso 4 dicembre.

Premi trimestrali con memoria del 2,36%

Il certificate offre un rendimento potenziale annuo del 9,44%, grazie al pagamento di premi trimestrali con memoria del 2,36%. I premi sono condizionati al rispetto di una barriera profonda: infatti, verranno pagati anche in caso di netti ribassi dei sottostanti, basta che ogni trimestre, nelle date di osservazione, il ribasso del peggiore rispetto al Valore iniziale non superi il 45% (barriera al 55%).

Grazie all’effetto memoria, se dovesse succedere che a una certa scadenza non ci saranno le condizioni per pagare il premio, la cedola non verrà cancellata, ma resterà nella memoria del certificate e verrà corrisposta alla prima scadenza successiva in cui tutti e tre i sottostanti saranno tornati a quotare sopra la barriera.

In virtù di questo meccanismo, per chiudere l’investimento in bellezza e portare a casa tutti i 16 premi previsti, basterà che i tre sottostanti quotino sopra la barriera (o allo stesso livello) all’ultima data di osservazione, ovvero il 4 dicembre 2028. A quel punto l’investitore avrà portato a casa un flusso di cedole pari a 377,6 euro, con un rendimento del 37,7% in quattro anni.

Va sottolineato che i premi del certificate sono considerati dal Fisco “redditi diversi”, e in quanto tali possono compensare le eventuali minusvalenze presenti nello zainetto fiscale dell’investitore.

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La protezione del capitale

La stessa barriera al 55% protegge anche il capitale. Alla scadenza, nel dicembre 2028, il certificato verrà rimborsato al valore di emissione di 1.000 euro anche se le quotazioni dei sottostanti saranno inferiori ai Valori iniziali. Il limite massimo di ribasso è il 45%. In caso di ribasso maggiore, l’investitore incorrerà in una perdita.

Possibile il rimborso anticipato dopo un anno

Può succedere che il certificate non arrivi alla scadenza finale, perché da un anno dopo l’emissione potrebbe essere ritirato in anticipo (autocall). Se alla data di osservazione del dicembre 2025, o a una qualsiasi delle successive, i tre sottostanti quoteranno al di sopra dello strike (Valore iniziale), o allo stesso livello, il prodotto verrà rimborsato in anticipo al valore nominale (1.000 euro), più il pagamento dell’ultima cedola e delle cedole eventualmente non pagate e mantenute in memoria.

I possibili scenari alla scadenza finale

Se il certificate non verrà rimborsato anticipatamente, alla scadenza finale si potranno verificare due scenari:

Se tutti e tre i sottostanti quoteranno sopra la barriera, o allo stesso livello, il certificate verrà rimborsato al valore d’emissione di 1.000 euro. L’investitore riceverà l’ultima cedola e le cedole eventualmente non pagate e trattenute nella memoria.

Se invece alla scadenza finale anche solo uno dei sottostanti dovesse quotare sotto la barriera, il certificate verrà rimborsato in proporzione alla performance del peggiore dei sottostanti. Ipotizziamo che il peggiore accusi un ribasso del 60% dal Valore iniziale: il certificate verrà rimborsato a 400 euro (40% del Valore iniziale).

Tre aziende di grande qualità

Abbiamo definito i tre sottostanti, Unicredit, Intesa Sanpaolo ed Eni titoli di grande qualità. Per capitalizzazione, sono tre delle maggiori aziende quotate in Italia. A Piazza Affari più “pesante” di Intesa, prima banca in Italia e una delle principali in Europa, ci sono soltanto Ferrari ed Enel.

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Unicredit (62,3 miliardi di euro di capitalizzazione) segue da vicino Intesa (68,9 miliardi) e potrebbe anche superarla nel corso del 2025, se riuscirà a portare a termine l’offerta di acquisto sulla milanese BancoBPM.

Eni (41,99 miliardi di market cap) è uno dei protagonisti mondiali dell’energia, seriamente impegnato nella transizione verso le rinnovabili.

Segnaliamo che fra gli oltre 60 analisti che coprono questi tre titoli, nessuno ha espresso una raccomandazione negativa.

Su 20 esperti che seguono Intesa, 18 consigliano di comprare le azioni e la media dei target pèrice è 4,59 euro (+16% sul prezzo attuale).

Il target price medio di Unicredit è 46,7 euro (+20% sulla quotazione attuale), con 13 raccomandazioni di acquisto su 18 analisti che si occupano della società.

Eni è coperta da 23 analisti, di cui 14 consigliano di comprare le azioni (nove hanno un giudizio neutrale). La media dei prezzi obiettivo è 16,4 euro (+25% sulla quotazione attuale).

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Nei grafici qui sotto possiamo vedere l’andamento dei tre titoli del basket (Eni, UniCredit e Intesa Sanpaolo) su time frame settimanale.

UniCredit e Intesa Sanpaolo sono saldamente incanalate in un trend rialzista avviato dai minimi del 2022, una tendenza amplificata nell’ultimo anno dove hanno raggiunto i rispettivi massimi dal 2011 e dal 2008.

UniCredit ha fissato il suo prezzo strike a 37,565 euro con la barriera di protezione al 55% che è dunque situata a quota a 20,66 euro, prezzi di settembre 2023. I principali supporti statici per UniCredit sono a 35 € – 30 € e 25 €.

Anche su Intesa Sanpaolo la barriera al 55% offre un certo senso di sicurezza all’investitore dato che cade intorno a 2 euro ad azione, prezzo che il colosso bancario guidato dal Ceo Carlo Messina non rivede da dicembre 2022. Intesa ha infatti fissato il suo prezzo inziale a 3,7315 euro, con la barriera al 55% che è così posta a 2,052 euro.

Su Eni la barriera al 55% è a 7,41 euro (prezzi di fine 2020) visto il suo prezzo strike a 13,48 euro.



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