Nel 2015 le aziende statunitensi Heinz e Kraft Foods si fusero formando la quinta aziende alimentare più grande al mondo. Dopo pochi anni, un calo di oltre il 27 per cento sul valore delle azioni. Cos’è successo? Lo spiega Francesca Corrado nell’ultima puntata dell’anno della rubrica “A lezione di fallimento”
Quindici gli anni che passarono prima che Norman, fratello minore di James Kraft, riuscisse a migliorare la sua prima intuizione. Il meccanismo ideato da Norman, perfezionato da suo nipote, era un chill roll meccanizzato, una sorta di grande mattarello che permetteva di raffreddare automaticamente il formaggio e di tagliarlo in fette quadrate del peso di 21 grammi e grandi poco meno di 8 cm. Questi quadrati di formaggio venivano poi confezionati in una pila di 8 fette, pronti per essere venduti.
E così che Kraft debutta, nel 1950, con le sue fette di formaggio Kraft De Luxe Process Slices. Un successo. Secondo The Progressive Grocer, le vendite di formaggio aumentarono del 150%.Il consumatore aveva però notevoli difficoltà nel separare le singole fette col risultato che finiva per strapparle. Sarà A.N. Nawrocki a risolvere il problema. Il brevetto numero 2.759.308 con il nome di A.N. Nawrocki sarà registrato il 21 agosto 1956.
Ma facciamo un passo indietro. Con l’espansione dell’azienda nel dopoguerra, i Kraft ampliarono la loro offerta di formaggio attraverso l’acquisizione di alcune aziende. Nel 1927 Kraft Foods diventa proprietaria di Velveeta Cheese Company, un marchio di formaggio a pasta fusa dalla consistenza vellutata e liscia. Solo nel 1953 sarà classificato come formaggio spalmabile e prodotto con vero formaggio, almeno al tempo. Nel 1928, dalla fusione con Phenix Cheese, produttori della crema di Philadelphia, nacque Kraft-Phenix, una grande azienda alimentare che forniva circa il 40% di tutto il formaggio consumato negli Stati Uniti.
Nel 1933 Kraft introduce il condimento per insalata Miracle Whip. In occasione della Century of Progress World’s Fair, l’Expo di Chicago, Kraft presenta una nuova macchina emulsionante brevettata dal nome Miracle Whip, inventata da Charles Chapman. Questa macchina, che montava e miscelava tra loro gli ingredienti, tra cui 20 diverse spezie, era in grado di produrre una salsa dal sapore unico. Secondo l’archivista della Kraft, B. H. Tousey, il nuovo prodotto rispondeva all’esigenza di offrire al mercato una variante più economica della maionese artigianale. Grazie al supporto della pubblicità, il condimento piacque ai consumatori decretandone il successo. Kraft è una delle prime aziende del settore food ad aver usato la pubblicità a colori sui giornali nazionali. Quattro anni dopo lancia Macaroni and Cheese Dinner con lo slogan pubblicitario «Prepara un pasto per 4 in 9 minuti». Durante la Grande Depressione, Kraft introdusse quello che sarebbe diventato uno dei suoi prodotti di marca più iconici: una scatola di pasta secca combinata con una confezione di formaggio fuso a lunga durata chiamata Kraft Dinner. Rinominata, in seguito, Kraft Macaroni & Cheese.
L’idea di combinare la pasta con il formaggio, secondo alcune fonti, risalirebbe al 160 a.C. Roma. E grazie a Clifford Wright, il decano della storia del cibo mediterraneo, sappiamo che la prima ricetta scritta del piatto Makeronusi e formaggio data la sua apparizione nel XIII secolo presso la corte del re di Napoli. La cucina americana si fonda su due principi: prendere il meglio dagli altri paesi e renderlo riproducibile su scala industriale per massimizzare convenienza economica e profitto. Kraft ha il merito di aver fuso insieme i due ingredienti in una unica scatola. Al modico prezzo di 19 centesimi, garantiva un pasto per 4 persone in soli 9 minuti. Nel 1943 furono vendute circa 50 milioni di scatole. Il successo ha molti ingredienti e in questo caso l’aver offerto un prodotto a buon mercato in un periodo in cui, a causa dei razionamenti dovuti alla guerra, la carne ed altri prodotti alimentari erano difficilmente reperibili rese più facile la sua vendita. Sono anche gli anni, quelli della seconda guerra mondiale, nei quali Kraft è il maggiore fornitore di cibo per i soldati americani al fronte. Oggi sono 7 milioni le scatole vendute ogni settimana. Durante il lockdown da COVID-19, le vendite sono esplose. Alcune persone l’hanno persino mangiato a colazione, tanto che Kraft ha lanciato Kraft Mac & Cheese for breakfast. Ai Macaroni & Cheese seguirono altri prodotti innovativi. La margherina Parkay nel 1940. Nel 1952, Cheez Whiz, un marchio di formaggio ideato da un team guidato dallo scienziato alimentare Edwin Traisman. È solo nel 1965 le fette di formaggio confezionate singolarmente, iniziarono ad apparire nei negozi. Nel 1969 è la volta dello yogurt Lightn’ Lively.
Innovare per primeggiare
Arriviamo agli anni 2000, sono passati più di 100 anni da quando James Kraft avviò l’attività. Nel mentre l’azienda è stata segnata da alcuni cambiamenti. Si è dapprima fusa con Dart Industries, Inc., un’azienda diversificata che produceva beni tra cui elettrodomestici, prodotti in plastica e batterie. E nel 1988 è stata acquisita dal gigante del tabacco Philip Morris Companies, proprietaria anche di General Foods e Nabisco. Dall’unione dei 3 giganti del food nasce Kraft General Foods, Inc.
Gli anni 2000 segnano un cambio di rotta per tutte le aziende del food degli Stati Uniti: aumentano i costi delle commodity e cambiano i gusti dei consumatori. Le grandi compagnie si trovano a dover competere con piccoli produttori di prodotti organici e naturali. Per la maggior parte dei consumatori, gli alimenti trasformati erano una benedizione. Liberavano tempo alle donne che potevano dedicarsi ad altro, in uno spazio diverso dalla cucina. Inoltre i prodotti si conservavano bene, tendevano ad essere facilmente digeribili e, soprattutto, avevano un buon sapore. Ma sì sa che tutto cambia, anche i gusti dei consumatori e le loro preferenze. Tutti questi fattori contribuiscono al declino dei profitti. Il CEO di Kraft, Roger Deromedi, interviene adottando la stessa soluzione che gli studenti di economia, per forma mentis, tendono a proporre teoricamente in situazioni analoghe.
Qualche anno fa, a un campione eterogeneo di studenti provenienti da diverse facoltà, è stata posta la seguente domanda: «Se la tua azienda è in crisi, qual è la prima cosa che fai?». La maggior parte degli studenti di economia ha risposto con una soluzione simile a quella adottata da Roger Deromedi: chiudere 40 impianti nell’arco di 4 anni e licenziare 14.000 lavoratori. Ma la situazione non migliorava. Deromedi fu silurato e si iniziò a chiedere dove stava il problema. Il nuovo Ceo, Irene Rosenfeld, veterana nell’industria del food con un forte background nelle ricerche sui consumatori, diede la risposta: innovazione. Kraft aveva smesso di innovare.
Kraft, al tempo, era annoverata, tra i suoi competitor, come la meno efficace nel lanciare nuovi prodotti, con 17 fallimenti commerciali su 19 nuovi prodotti lanciati nel corso dell’anno. Anche i prodotti che partono molto bene possono faticare a mantenere il successo se pensate che gli americani comprano 150 prodotti che coprono l’85% delle loro necessità familiari.
L’innovazione era invece stata la chiave che aveva caratterizzato la storia di Kraft fin dalle origini. Finché a un certo punto ha smesso di innovare. Rosenfeld puntò tutto sull’innovazione e in particolare sull’open innovation. Si dichiarò aperta a qualsiasi idea provenisse da lavoratori, fornitori, consumatori e concorrenti.
Il passaggio da un modello di knowledge management (ciò che noi sappiamo) a quello di open innovation (ciò che gli altri sanno) è stata una delle chiavi del successo. Un’altra delle misure più incisive fu probabilmente il cambio di mindset: da una radicata attitudine dei collaboratori a ritenere il brand Kraft vecchio e senza capacità di rinnovarsi, a un mindset dinamico nel quale il cambiamento era ritenuto possibile e positivo. Tutti erano incentivati a fornire feedback anche negativi ed esprimere il loro malcontento. Fu riconosciuto il valore delle persone e delle loro idee, indipendentemente dal risultato finale perché l’enfasi fu posta sul processo. Chi portava un contributo significativo, anche nel caso di fallimento dell’idea in fase di realizzazione o lancio, veniva premiato. Si incoraggiavano nuovi tentativi, all’interno di un processo di sperimentazione per prove ed errori.
Nel 2009, i ricavi netti derivanti dalle innovazioni sviluppate nei tre anni precedenti sono stati del 6,5%. Tale tasso aumentò al 14% nel 2013. Si ottenne anche maggiore visibilità e appeal al brand: 2/3 dei prodotti dell’azienda furono preferiti dai clienti rispetto ai prodotti della concorrenza. Sebbene non tutto sia andato bene e il successo sia stato di breve durata.
Questione di nomi. Sbagliati.
Nel 2009, per rilanciare il formaggio più famoso in Australia dal nome, non certo accattivante di Vegemite è stato lanciato un concorso pubblico. Il nome scelto, tra le 48 mila proposte, è stato The Vegemite iSnack 2.0, per «allineare il nuovo prodotto con un mercato più giovane e le credenziali cool dell’iPod e dell’iPhone di Apple». Il nome scelto ha avuto un unico merito: quello di aver trovato tutti d’accordo nel detestarlo. In breve, l’hastag #Vegefail è diventato di tendenza. Gli utenti hanno creato un blog con un elenco di nomi migliori per venire in aiuto a Kraft, evidentemente a corto di buone idee.
Nascita di Kraft Heinz Company
Nel 2015 le aziende statunitensi Heinz e Kraft Foods si fusero formando la quinta aziende alimentare più grande al mondo, la Kraft Heinz Company. Con un ricavo annuale complessivo di 28 miliardi di dollari vendeva alcuni dei prodotti più popolari negli Stati Uniti e non solo: il ketchup e la maionese Heinz, il formaggio Kraft, gli hot dog di Oscar Mayer, il caffè di Maxwell House, il formaggio Philadelphia e il burro di arachidi Planters. Finché il profitto non ha prevalso sulla qualità dei prodotti e le logiche finanziare sulla sostenibilità e la soddisfazione dei consumatori.
Il tonfo in Borsa del formaggio
Il crollo del valore delle azioni di Kraft Heinz nel 2019 è stato un esempio: una svalutazione di 15,4 miliardi di dollari che ha causato un calo del 27,5% del prezzo delle azioni. Le ragioni che hanno portato alla crisi dell’azienda sono molte e intrecciate tra loro. Esse dipendono in parte dai cambiamenti del mercato che hanno messo in difficoltà il settore alimentare in generale. Le grandi aziende sono state incalzate dalle startup più piccole che propongono alternative più fresche e minimamente elaborate.
Secondo Neil Saunders, amministratore delegato di GlobalData Retail «c’è una percezione generale che il formaggio lavorato sia artificiale e dal gusto meno gradevole di un tempo». Percezione confermata da un’analisi del gruppo World Action on Salt, Sugar & Health secondo cui l’82% dei prodotti Kraft Heinz sarebbero stati classificati come malsani sulla base degli standard governativi.
Le class action e la furia dei consumatori
Nel 2023, numerose class action hanno visto protagonisti i consumatori americani, i quali hanno accusato l’azienda di dichiarazioni ingannevoli riguardo l’assenza di aromi artificiali, conservanti o coloranti nei suoi prodotti. Il 5 maggio 2023, dopo più di 4 anni di contenzioso, le parti hanno raggiunto un accordo di 450 milioni di dollari. La Securities and Exchange Commission americana aveva precedentemente ordinato a Kraft Heinz di pagare circa 62,3 milioni di dollari in sanzioni civili dopo aver scoperto che la società «si è impegnata in vari tipi di cattiva condotta contabile» la cui somma sarà distribuita agli investitori danneggiati in un fondo equo, portando così il recupero totale agli investitori danneggiati.
Dall’altra i problemi sono più strutturali e riguardano i nuovi vertici dell’azienda e la direzione in cui l’hanno portata con le loro scelte. Tra i principali responsabili della crisi, secondo gli esperti, c’è la strategia di 3G Capital, fondo di investimento brasiliano e Berkshire Hathaway, holding finanziaria di proprietà di Warren Buffett.
Negli ultimi anni ha ammassato un’acquisizione dietro l’altra, tagliando le spese all’osso, inseguendo il massimo profitto e seguendo il principio dello zero-based budgeting. Secondo questo principio tutte le spese devono essere approvate e giustificata da zero per ogni nuovo periodo (di solito un anno fiscale) senza tener conto del bilancio precedente. Se questa strategia ha il merito di ridurre i costi e garantire la prioritarizzazione concentrandosi solo sulle attività che generano il massimo valore, dall’altro si rendono più difficile le strategie di lunga durata destabilizzando i progetti che richiedono tempo per affermarsi. La strategia basata su drastici tagli ai costi ha ridotto l’innovazione e indebolito il portafoglio di marchi, portando a una svalutazione di miliardi di dollari.
Il costo della mancata innovazione è senza dubbio più alto rispetto alla costruzione di un processo per l’innovazione continuo. Il rischio e le incertezze sono insiti nel processo di innovazione, ma senza la capacità di rischiare in modo eticamente corretto si è più facilmente esposti al fallimento.
Le 3 regole d’oro
La strategia deve bilanciare efficienza e valore per il cliente: Una strategia orientata alla massimizzazione del profitto e del valore degli azionisti può danneggiare il posizionamento di mercato e la percezione del brand. È essenziale bilanciare l’ottimizzazione dei costi con il mantenimento del valore percepito, «senza inganno e frode» come afferma il Premio Nobel Milton Friedman.
Innovare costantemente per stare al passo con i cambiamenti dei consumatori. Kraft ha avuto difficoltà a intercettare tempestivamente la crescente domanda di prodotti naturali, biologici e salutistici. Competitor più agili hanno guadagnato terreno, soprattutto tra i consumatori più giovani. Ignorare cambiamenti significativi nelle abitudini dei consumatori può portare a una perdita di rilevanza.
Riconoscere gli errori e reagire tempestivamente. Quando una strategia non funziona, è fondamentale riconoscerlo rapidamente, analizzare gli errori e modificare il piano. Perseverare in una strategia fallimentare può amplificare gli errori e i danni.
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