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Se il trattamento è più favorevole per l’assicurato e c’è almeno una parte calcolata con il sistema retributivo. La Corte di Cassazione ribadisce la facoltà riconosciuta dalla Sentenza della Corte Costituzionale numero 428/1992.
Al raggiungimento dell’età pensionabile è possibile chiedere la riliquidazione della pensione di anzianità (ora pensione anticipata) neutralizzando gli ultimi cinque anni se ciò comporta un trattamento più favorevole per il pensionato. Lo ribadisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 30803/2024 con la quale i giudici hanno dato ragione alle doglianze di un pensionato che si era visto negare sia in primo che in secondo grado il diritto alla riliquidazione.
La questione
Riguarda la facoltà di chiedere la sterilizzazione degli ultimi anni di stipendio, ove non determinanti per acquisire il diritto a pensione, se incidano in misura negativa sulla rendita. La facoltà interessa gli assicurati che hanno parte o tutto l’assegno calcolato con il sistema retributivo dato che con questo meccanismo la misura della rendita è agganciata agli ultimi stipendi incassati prima del pensionamento. Se, quindi, prima del pensionamento lo stipendio si riduce rispetto al passato (es. per l’attivazione di un rapporto di lavoro meno remunerativo) la misura della pensione può paradossalmente ridursi nonostante cresca l’anzianità accreditata.
Diverse pronunce costituzionali hanno temperato questo effetto nel tempo riconoscendo che il lavoratore ha il diritto di chiedere la neutralizzazione degli ultimi cinque anni di stipendi incassati prima del pensionamento ove il periodo non sia utile ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione. Così, ad esempio, una ex dipendente che ha lavorato come badante per due anni dopo il raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi di contributi) può chiedere di escluderli perché determinerebbero un abbattimento della rendita già acquisita.
All’età pensionabile
Il principio può operare, tuttavia, anche dopo la liquidazione della pensione anzianità. La Consulta, in particolare, ha riconosciuto il diritto alla riliquidazione del trattamento al raggiungimento dell’età di vecchiaia neutralizzando le contribuzioni acquisite nella fase successiva al perfezionamento del requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi), qualora essa porti un risultato più favorevole rispetto alla pensione liquidata considerando la contribuzione complessivamente maturata (cfr: Cost. nn. 428/1992, 264/1994, 388/1995).
E’ proprio quanto aveva chiesto un lavoratore andato in pensione di anzianità dal settembre 2002. Al raggiungimento dell’età di vecchiaia, nel febbraio 2010, aveva richiesto il ricalcolo dell’assegno ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli avevano rigettato la domanda sostenendo che la neutralizzazione non avrebbe potuto applicarsi a decorrere dalle pensioni liquidate dal 1° gennaio 1993 perché, da questa data, il periodo di ricerca delle retribuzioni pensionabili era stato progressivamente ampliato dagli ultimi cinque anni all’intera carriera lavorativa.
La decisione
La Corte ha bocciato l’interpretazione delle Corti di Merito. In primo luogo gli ermellini ribadiscono che «la pensione di anzianità è equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia quando il titolare di essa compie l’età stabilita per il pensionamento di vecchiaia». Pertanto, come già sancito nella sentenza n. 11649/2018) «al compimento dell’età pensionabile prevista per la pensione di vecchiaia diviene applicabile tutta la disciplina dettata per tale pensione, ivi compresa quella relativa ai requisiti contributivi, con la conseguenza che diviene astrattamente possibile richiedere la neutralizzazione di quella parte della contribuzione finale che si appalesi non più necessaria in relazione al requisito contributivo proprio della pensione di vecchiaia e la cui sterilizzazione appaia invece idonea a garantire all’assicurato un più elevato trattamento di pensione».
La Corte ribadisce, inoltre, che la neutralizzazione dei periodi di retribuzione ridotta non necessari ai fini del perfezionamento dell’anzianità contributiva minima, ai sensi della L. n. 297 del 1982, art. 3, comma 8, «non solo può operare solo all’interno del periodo indicato dalla norma, restando in specie inapplicabile al montante contributivo relativo a periodi precedenti l’ultimo quinquennio di contribuzione, ma soprattutto può operare nei limiti in cui la pensione sia ancora in tutto o in parte liquidata con il sistema c.d. retributivo (così da ult. Cass. n. 29667 del 2022)». Ciò significa che può trovare applicazione, a differenza di quanto accertato dalle Corti di Merito, anche se la pensione ha avuto decorrenza successiva al 31 dicembre 1992.
Per la Corte, peraltro, è irrilevante la circostanza che la Riforma Amato abbia effettivamente aumentato il periodo di ricerca delle retribuzioni settimanali pensionabili a decorrere dal 1° gennaio 1993 in poi non facendole coincidere più, come previsto sulle anzianità acquisite sino al 31 dicembre 1992, con gli ultimi cinque anni anteriori la decorrenza della pensione bensì sull’arco dell’intera vita lavorativa. La neutralizzazione, sostanzialmente, può trovare applicazione sia sulla prima quota di pensione, cioè sulle anzianità acquisite sino al 31 dicembre 1992, sia sulla seconda quota di pensione, cioè sulle anzianità acquisite dopo il 1° gennaio 1993 sino al 31 dicembre 1995 (31 dicembre 2011 in presenza di almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995) fermo restando, però, che il periodo «neutralizzabile» coincide con gli ultimi cinque anni.
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