«Uno shock la morte di Gianni. Il Paradiso lo immagino come la Calabria»

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ROMA «Credo fermamente nell’Aldilà e prego per andare in Paradiso, che immagino sia come la Calabria. Il mio cuore è rimasto lì». Così Santo Versace in un’intervista al Corriere della Sera per i suoi 80 anni. «In realtà – dice Versace – sto per fare 20 anni per la quarta volta. Mia moglie Francesca ci tiene che tenga la salute sotto controllo: ho fatto una risonanza magnetica al cervello e il medico mi ha detto che neppure un trentenne ce l’ha così. È genetica: ho preso da mio padre. Sto vivendo la stagione più bella. E pensi che di vite ne ho vissute quattro. La più lunga, a Reggio Calabria. Ero il primogenito, per un po’ siamo stati da soli io e Gianni. Poi è nata Donatella: i nostri genitori la chiamarono così perché era un dono. Due anni prima era morta la nostra sorellina Tinuccia. Mia mamma pregava e piangeva tutti i giorni: finché non arrivò Donatella. Mi mandò a bussare alle case di parenti e amici per dire che era nata. A sei anni lavoravo con mio padre, spalavo il carbone. Credo che alcuni mestieri vadano insegnati da piccoli, se c’è l’attitudine».

Il rapporto con Gianni e Donatella

Il primo ricordo del fratello Gianni, ucciso nel 1997 negli States: «Gianni era uno studente creativo, cresciuto in sartoria con mia madre. Diceva di avere 20 mamme, che erano le sarte che lavoravano con noi: era tutto un “Giannino, Giannuzzo…”. Poi nel 1972 cominciai ad occuparmi a tempo pieno degli affari di Gianni. Mio fratello ricevette una proposta di lavoro da Florentine Flowers quando Donatella andava ancora a scuola. Fui io a trattare il suo compenso, chiedendo 4 milioni, lo stesso di Walter Albini, lo stilista più in auge. Mi dissero di sì: il 4 febbraio del 1972 è partito dalla Calabria. E un anno dopo l’ho raggiunto. «Mio padre mi diceva: “Ma dove vai, qui hai lo studio avviato, c’è il sole, il mare”. Gli faceva da controcanto nostra madre: “Non lasciare da solo tuo fratello”. La sua carriera stava esplodendo: Hebe Dorsey del New York Times era il terrore della moda, ma di lui scrisse che c’era un ragazzo bruno calabrese che stava creando la moda italiana». La svolta nel 1976 con la fondazione del marchio Gianni Versace: «Eravamo pieni di entusiasmo. Ci siamo detti: “Se abbiamo fortuna faremo meglio di Saint Laurent”. E così è stato. L’unione – prosegue Santo Versace – è stata la nostra forza: Karl Lagerfeld era un amico di Gianni, un genio assoluto, prima con Fendi e poi con Chanel, ma mai per sé stesso. Fare impresa è un’altra cosa». Santo afferma di non aver mai avuto litigi con il fratello – «non avevamo segreti, parlavamo di tutto, poteva succedere che mi lamentassi per le spese un po’ pazze, come le splendide dimore e i Picasso»: quanto alla omosessualità di Gianni – racconta ancora al “Corriere della Sera – «era una cosa che sapevamo da sempre, non ci fu bisogno di fare outing. Ebbe anche delle fidanzate, ma era chiara a tutti la sua omosessualità. La nostra famiglia aveva un’apertura mentale fuori dal comune». Il rapporto con Donatella Versace: «A Donatella ho fatto da padre, le firmavo anche le giustificazioni. La morte di Gianni fu un trauma, per anni ho dormito nel suo letto. È mia sorella, le voglio bene. Mi ha inviato 100 rose bianche per il compleanno. In un certo senso le ho fatto anche da padre: nel suo libretto delle giustificazioni del Ginnasio c’era il mio nome e cognome, le firmavo io. Le sono rimasto accanto un po’, oggi mi diverto di più a stare vicino ai fragili con la nostra Fondazione». Un pensiero sulle modelle del brand: Molte di loro erano amiche: Naomi Campbell era una sorella, quando litigava con Joaquin Cortès chiamava Gianni in lacrime: ovunque fosse la mandava a prendere da Dario, il suo autista, e la portava con lui nella villa sul lago. La più bella: «Christy Turlington: statuaria. Poi Lady Diana, unica: al funerale di Gianni mi tenne la mano per mezz’ora, cercando di consolarmi».

La morte di Gianni Versace

La morte di Gianni per Santo Versace fu «uno shock: eravamo a Roma, non ci credevo. Solo quando arrivai a Miami e toccai la sua testa insanguinata mi resi conto di tutto. Quirino Conti sul Corriere scrisse che era morto il Dio della moda. Per i primi anni, nel weekend, andavo nella villa di Moltrasio e dormivo nel letto di Gianni. E di notte ero in preda agli incubi, gridavo: “Gianni spostati”. Avrei voluto parargli il colpo fatale». Rimpianti? Con Gianni – confida Santo Versace – «ci siamo detti tutto, eravamo la metà della stessa mela. Lui il birichino, io il saggio». Infine, uno sguardo sul futuro: alla domanda se crede nell’Aldilà Santo Versace risponde «sì, credo fermamente e prego per andare in Paradiso», dicendo che se lo immagina «come la Calabria. Il mio cuore è rimasto lì: quando viaggiavo per il mondo la prima cosa che facevo era spedire una cartolina a casa». L’esperienza in politica da parlamentare del Pdl: «Oggi trovo più divertente occuparmi di chi ha bisogno che fare politica. Ma avevo uno splendido rapporto con Berlusconi: nel 2022 mi ha regalato dei magnifici arazzi», afferma Santo Versace, che infine espone la sua filosofia di vita: «Sono in pace e i migliori anni devono ancora venire. Non esistono i problemi, esistono le soluzioni».

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