Alluvioni, siccità e guerre di potere. Il Veneto alle urne per i consorzi di bonifica: «Tutti vogliono gli ex carrozzoni»

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difficile da pignorare

 


di
Silvia Madiotto (Ha collaborato Antonio Andreotti)

Agricoltori in lotta tra loro, cittadini in campo, liste di partito: un veneto su tre è chiamato a scegliere. Ma in pochi sono attesi

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Se hanno diritto al voto un milione e ottocentomila soggetti fra privati e aziende, significa che per le elezioni dei dieci consorzi di bonifica è chiamato alle urne praticamente un veneto su tre. Ma saranno pochissimi a farlo perché di queste elezioni non si è mai saputo granché, nonostante riguardino il 65% del territorio regionale, su un’area di 4,3 milioni di cittadini. E nemmeno la politica, abituata alle campagne elettorali, che anzi da questi appuntamenti trae la propria essenza, ha mai dato visibilità alla periodica convocazione. Il rinnovo dei vertici è sempre stato gestito internamente. Un patto fra associazioni di settore, un’indicazione politica e tecnica, un modo anche – spesso – per «risarcire» chi è rimasto escluso altrove. Lista unica, nomi selezionati, poche liti, presidenti designati, tutti contenti.

Un nuovo interesse

Ma quest’anno il climate change è riuscito a scalfire anche una delle più consolidate tradizioni e per la prima volta si moltiplicano le liste e le chiamate al voto per poter incidere su enti che (dopo anni di fenomeni estremi, fra siccità, alluvioni ed esondazioni) sono diventati essenziali. Enti di cui si parla sempre più spesso anche fra persone comuni che si trovano il garage sommerso e i campi allagati. I Consorzi di bonifica diventano terreno di conquista per le associazioni di categoria, i politici, le associazioni e i cittadini stessi, decisi a contare nei posti in cui si prendono le decisioni quando l’acqua manca e va risparmiata, o quando è tanta e va preservata. E infatti comincia l’assalto – stavolta palese – dei partiti. A partire dalla Lega. Perché se un tempo dei consorzi di bonifica parlavano solo i contadini e le aziende agricole, ormai sono sulla bocca di tutti. Dopotutto gestiscono la rete idraulica minore costituita dai canali utilizzati per l’irrigazione e lo scolo delle acque piovane: 27 mila km di corsi d’acqua, manutenzione e funzionamento di 400 idrovore, 400 impianti irrigui, 108 bacini anti allagamento.




















































Chi vota

Si votano i rappresentanti delle assemblee: seggi aperti domenica 15 dicembre fino alle 20. Chi vota? Tutti i proprietari di abitazioni, immobili, terreni agricoli che pagano i contributi al consorzio di pertinenza. La suddivisione è in fasce, basate sull’importo del contributo: la prima fascia riguarda gli abitanti «normali», proprietari di abitazioni, e sono complessivamente quasi un milione e mezzo; la seconda e terza fascia riguardano i proprietari di aziende e aziende agricole che, proporzionalmente al contributo versato, sono più rappresentativi nelle assemblee dei consorzi. Per capirci, la seconda conta circa 190 mila soggetti e la terza circa 40 mila. Storicamente, nella prima fascia l’interesse è molto ridotto, la partecipazione varia fra il 2 e il 7%, mentre nelle altre due si supera il 30% degli aventi diritto. Fra i consorzi, il più popoloso è quello delle Acque Risorgive con sede a Mestre (Venezia), con una base elettorale di quasi 300 mila persone; il più piccono è quello del Delta del Po (Rovigo) con meno di 30 mila elettori.

Le partite più calde

E insomma, è la prima volta che l’interesse per queste elezioni si manifesta con più liste in competizione per la stanza dei bottoni (e dei rubinetti). Gli unici consorzi in cui non si apre la sfida diretta al voto sono Delta del Po e Alta Pianura Veneta, lista unica condivisa. Le associazioni di categoria degli agricoltori, le più interessate alla gestione della risorsa idrica, nella quasi totalità dei casi si riuniscono in liste unitarie (tranne nel Piave e nel Veneto Orientale). Ma il dato significativo è l’arrembaggio della politica: i consorzi sono sempre più interessanti, sia per la vetrina che hanno comportato negli ultimi anni di meteo folle ed eventi estremi, ma anche per filoni di finanziamento nazionali ed europei con una notevole quantità di risorse. 

Soldi e potere, insomma

La partita più interessante è quella delle Acque Risorgive (province di Venezia, Padova e Treviso) con quattro liste. Una unitaria degli agricoltori, che qui fanno squadra e poi la politica: la Lega ha incaricato il consigliere regionale Centenaro di presentare una lista che è così leghista da avere pure il leone sul simbolo; poi ce n’è una legata al Movimento 5 Stelle e una civica. Curiosa anche la sfida del consorzio Brenta: una lista per le associazioni di categoria, una di animo politico-leghista, e una ispirata direttamente alla battaglia contro la diga del Vanoi, per contestare la gestione del presidente uscente bloccare il maxi progetto fra Veneto e Trentino. Nel Rodigino, all’Adige Po c’è una lista organizzata dai Cobas agricoltori uniti: facce note nell’ambiente perché sono quelli che avevano promosso la sfilata dei trattori in centro a Rovigo contro l’Europa. Partita delicata anche nel Piave: agricoltori divisi (Confagricoltura e Cia da una parte, Coldiretti dall’altra) con due liste, e la terza è un mix di ribelli, volti della politica e della società civile, ed esponenti di quel mondo critico con le associazioni sindacali, più vicini ai «trattoristi».

Il nuovo direttore

Oltre ai Consorzi, si prepara a uno storico cambio di guida anche Anbi Veneto: dal primo gennaio il direttore Andrea Crestani lascia il posto a Silvio Parizzi, già direttore di Coldiretti Rovigo per 11 anni. Guiderà lui i consorzi di bonifica veneti.


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