«Scusi presidente, ma lei è di sinistra», domanda malizioso Mario Sechi a Giuseppe Conte sul palco di Atreju. Sala gremita per l’ospite avversario, l’unico leader dell’opposizione presente, a cui Meloni ha concesso un’ora di intervista in solitaria. Non si era mai visto. Conte prende tempo: «È un discorso complesso…».
I militanti della destra rumoreggiano. E il leader 5s trova lo slancio: «Se sinistra significa combattere questo governo solo nel nome dell’antifascismo io non ci sto!». Applauso fragoroso. «Se significa accogliere tutti in modo indiscriminato non ci sto». Applauso ancora più forte. «Se significa preoccuparsi solo di quelli che vivono nelle ztl non ci sto». Applausi e risate. «Presidente, sta per prendere la tessera di Fdi?», sogghigna il direttore di Libero.
CONTE PROVA A CORREGGERE un po’ il tiro: «Siamo progressisti indipendenti, abbiamo una visione diversa dalla destra e lavoriamo per un’alternativa di governo basata sulla lotta alle ingiustizie, alla corruzione, per i valori di onore e disciplina. Questa è la vocazione della prima ora del M5S».
Chi, nel Pd, pensava che passata la nuttata dello scontro con Grillo, Conte diventasse un alleato più malleabile ora si mangia le mani: dopo essersi liberato del fondatore è ancora più aggressivo. La giornata, per il centrosinistra, era iniziata con le cannonate di Chiara Appendino contro Schlein dalle pagine della Stampa: «Ha tradito i valori progressisti».
La leader dem, nella sua relazione all’assemblea del partito, aveva provato a rilanciare il suo appello «testardamente unitario»: «Non possiamo passare quest’anno a fare ognuno gli affari propri e rinviare alla vigilia delle prossime politiche un lavoro di costruzione di un’alternativa che dobbiamo alla nostra gente: nelle piazze ci gridano “unità”, non bisogna usare le differenza come clave». Lei, per mettersi avanti col lavoro, ha fatto scrivere il nome dello storico quotidiano sulla tessera del 2025, al posto del volto di Berlinguer. Per il momento, una certa unità l’ha trovata dentro il Pd, anche se la promessa di una «discontinuità radicale» col partito di prima agita qualche animo.
IL CAPO 5S INVECE BALLA da solo. Ieri è passato con nonchalance dal corteo contro il dl sicurezza di Meloni (lì qualche fischio vero se l’è preso) al palco di Atreju al Circo massimo. Conte 1 e Conte 2 nel giro di una manciata di minuti. E davanti al popolo di Fdi ha ribadito che «noi non saremo il cespuglio o lo junior partner di nessuno, non siamo per un’alleanza organica col Pd perchè snaturerebbe le nostre battaglie: semmai a tempo debito vedremo se ci sono i presupposti per un’alleanza».
E ancora, rispetto alla eventuale discesa in campo dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini come possibile «federatore» del centrosinistra, o come guida della gamba di centro: «La sensazione è quella di una operazione nata a tavolino dal Pd, che pensa non solo per sé ma anche ad avere tante forze intorno, a costruirsi il senso di una coralità con dei corollari, dei cespuglietti».
CONTE SEMBRA IL LEADER dell’opposizione a un governo Pd, condizione in cui peraltro non si è mai trovato da quando fa politica Bordate anche rispetto alla campagna dem del 2022: «C’era il rosso contro il nero, ma non spetta un partito ergersi come colui che attribuisce patenti di legittimazione democratica». La platea di Atreju apprezza.Lui si concede qualche spazzo di opposizione, «se fossi un elettore di Fdi sarei molto deluso dalle piroette e giravolte di Meloni, non può fare finta che in Italia vada tutto bene».
«Se Meloni è davvero la leader più potente in Europa», aggiunge», mi aspetto che sfrutti questa congiuntura rispetto alle difficoltà di Francia e Germania. Io le contesto di aver rinunciato a combattere sul nuovo pacco di stabilità che ci costa 13 miliardi l’anno di austerità». Si discute anche del Pnrr. «Sono 209 miliardi di debiti», nota Sechi. «E allora perché Meloni li sta usando se non vanno bene», replica Conte. «La verità è che l’Italia è ferma, non ci sono misure per la crescita ma solo per le armi, gli unici cantieri aperti sono grazie ai fondi del Pnrr».
Il leader 5s attacca anche sul salario minimo «non lo volete mentre aumentate gli stipendi ai ministri» (almeno qui c’è sintonia con Schlein), sul pil tagliato allo 0.5%, sul salva-Milano (« A voi cosa ve ne viene in tasca?»), sulla Cina. «Avete cancellato la Via della Seta e ora Meloni va in Cina col cappello in mano». E qui arrivano i primi veri fischi. Conte chiede a Fdi una mano per il dialogo in Ucraina, per fermare l’escalation, sa che le armi per Zelesnky non appassionano il popolo della destra. «Mi sento ancora avvocato del popolo contro le arroganze del potere», assicura.
POI TORNA AL BASTONE. «Meloni si era presentata come leader di una destra neoconservatrice, ma col ddl sicurezza c’è una deriva reazionaria . «Perché volete reprimere il dissenso? Avete bisogno di questo per governare? La sicurezza non è appannaggio della destra, fate tornare qui i poliziotti che avete mandato in Albania». Si chiude con un applauso di circostanza, partono le note di Mariah Carey, «All I Want for Christmas». «Pochi fischi? Allora mi devo preoccupare», sorride Conte. Sta arrivando Milei. La pista di pattinaggio è piena. «La destra è fortissima a pattinare», commenta Schlein. «Vivono nel favoloso mondo di “Ameloni”, la realtà è un’altra cosa».
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