Il futuro dell’Italia dipende dalle imprese

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“Le finaliste del Premio Cambiamenti ci mostrano un futuro straordinario. Stanno costruendo il futuro del nostro Made in Italy. Questo premio – ha aggiunto – testimonia che la CNA è una grande organizzazione animata dai giovani imprenditori e che punta sui giovani”. Così il nostro presidente nazionale, Dario Costantini, intervenendo alla conclusione dell’ottava edizione di Cambiamenti, il premio al pensiero innovativo delle nuove imprese italiane, organizzato dalla Confederazione con la partecipazione, quest’anno, di Unioncamere.

In apertura di giornata proprio sul fare giovane impresa in particolare e fare impresa in generale, moderati dalla conduttrice Fjona Cakalli, si erano confrontati il nostro segretario generale, Otello Gregorini, e Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere.

Gregorini e Tripoli hanno concordato sulle difficoltà di fare impresa in Italia per problemi proprio di clima rispetto alle imprese, soprattutto ad artigiani, micro e piccole imprese.

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Fare impresa nel nostro Paese è diventato ancor più complicato di prima. Oggi l’intraprendere è reso difficile principalmente da tre fattori che rendono arduo alle nuove imprese di sopravvivere oltre cinque anni di età”, ha esordito il nostro segretario prima di passare a enumerare gli ostacoli più impervi: burocrazia, fisco, credito. Ostacoli aggravati dall’umore generale. “Nel secolo scorso – ha ricordato – c’era nel Paese una visione complessivamente positiva dell’artigianato e delle imprese che ne favoriva la nascita e la crescita, stimolando a scendere in campo le energie e le intelligenze migliori. Oggi, purtroppo, non è più così. E dobbiamo lavorare su questo clima negativo”.

La collaborazione di Unioncamere e CNA – ha sottolineato Tripoli – è una collaborazione convinta, una intesa che si fonda sulla comune constatazione che il modello produttivo e imprenditoriale italiano è un modello che possiede una sua specificità e ottiene successi, anche sul fronte dell’innovazione. L’innovazione italiana è innovazione diffusa – ha spiegato il segretario generale di Unioncamere – nasce nelle piccole imprese e nasce dal confronto assiduo con altre imprese e con i clienti”.

Passando agli ostacoli che incontra sul proprio cammino chi vuole fare impresa, Tripoli ha evidenziato che “il problema della burocrazia non è solo nostro. Nel Rapporto Draghi viene quantificato in 200 miliardi il danno che la cattiva burocrazia arreca al sistema europeo. In Italia però il problema si acutizza. Esiste inoltre un problema complessivo della finanza, perché il credito non è solo banca: bisogna facilitare il rapporto tra finanza innovativa e imprese, soprattutto le più giovani”.

Un problema delle imprese – ha precisato – è quello della solitudine che indebolisce l’imprenditore. Un problema che le associazioni d’imprese possono evitare in collaborazione con il sistema camerale per accompagnare l’imprenditore in tutte le fasi della sua attività, nei momenti buoni e soprattutto in quelli cattivi”.

Gregorini ha poi messo l’accento sulla disattenzione della politica, e non solo, per le piccole imprese che pure rappresentano il 99 per cento delle imprese italiane. “Tutte le scelte politiche e amministrative vengono adottate con questa impostazione – ha affermato – Una disattenzione evidente nell’innovazione, dove i sostegni alle imprese spesso riguardano cifre che rappresentano l’intero fatturato della nostra impresa media. Eppure le piccole imprese costituiscono l’ossigeno dell’Italia e hanno un legame con i territori sconosciuto alle grandi imprese che spesso va a caccia di opportunità, dovunque le trovino, in Italia o altrove. Oltre tutto la politica non capisce che le imprese hanno bisogno di certezze e non di continui mutamenti di rotta”.

Tripoli ha poi fornito una serie di suggerimenti alle nuove e giovani imprese relativamente all’innovazione. “L’innovazione – ha spiegato – perlomeno un pezzo d’innovazione, dipende dal confronto con il mercato, inteso come clienti, imprese e così via. Il mercato è la prima fonte d’innovazione come hanno scoperto perfino negli Usa dove pure le aziende innovative sono dei colossi con decine di migliaia di professionisti al lavoro. L’open innovation nasce dal rapporto con il mercato e così il miglioramento e l’adeguamento dei risultati dell’innovazione. Ma importante è anche il confronto interno. Oggi la vera differenza – ha conchiuso il segretario generale di Unioncamere – è rappresentata dal capitale umano”.

In conclusione l’appello di Gregorini: “Non preoccupatevi di sbagliare. Bisogna sbagliare il meno possibile ma nella vita si fa esperienza anche sbagliando”.

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